#allarme RIENTRATO, MA MICA TANTO

​ALLARME RIENTRATO, MA MICA TANTO

Dunque si scopre oggi che la pubblicità di una nota marca di jeans circolata ieri sugli autobus romani non raffigurava un bacio pedofilo ma ritraeva semplicemente un uomo e una donna.

Il primo piano ha ingannato tutti e il dato interessante è proprio questo: che ci siamo cascati tutti.

Nell’epoca in cui i bambini vengono sessualizzati precocemente e visti come già grandi – e viceversa esistono gli asili nido per adulti che si sentono infanti – questa è una immagine che si presta a una campagna di priming in cui la massa si abitua a certi messaggi che, una volta entrati nella memoria a breve termine, transitano in quella a lungo termine facendo sì che le difese non si alzano più automaticamente. L’idea di un rapporto affettivo e sessuale fra un adulto e un bambino diventa un qualcosa di già visto, di familiare e quindi si è più predisposti ad accettare il dato che si appresta a venire imposto.

Ora, nel momento in cui le università italiane hanno già predisposto il libretto per il terzo sesso – per quelli cioè che non si riconoscono né come maschio né come femmina – disconoscendo il dato biologico, ebbene sarà un breve passo da compiere per riconoscere diritti particolari all’adulto che si sente più piccolo o al bambino che si sente più grande. Se il dato biologico viene disconosciuto per il sesso, non si capisce perché debbano esserci dei paletti per l’età che effettivamente è molto più fluida nell’autopercezione, molto più relativa rispetto al sesso che invece è molto più legato ad un dato oggettivo, biologico. L’età, dunque, si presta ancora meglio al gioco della fuidità.

Se c’è il libretto per l’uomo che si sente femmina e per la donna che si sente maschio, ma perché un adulto di cinquant’anni non dovrebbe poter andare all’asilo? Se il cinquant’enne si sente adolescente, perché non dovrebbe poter avere una relazione con una quindicenne senza subirne le conseguenze penali?

Allarme rientrato dunque? Ma mica tanto. Come si può ben capire, lo sdoganamento della pedofilia è già dietro l’angolo.

Alessandro Benigni

FASE #finale

FASE FINALE

Ci siamo. Se una foto con un bacio pedofilo ha potuto circolare per Roma attaccata agli autobus,  inutile nasconderselo, siamo alla fase finale.
E tu, uomo che hai coltivato nel tuo cuore l’humanitas – quella cosa che ti mette dalla parte dei deboli, che ti fa sentire la loro sofferenza – rassegnati. Pensavi di conquistare con la ragione molti altri alla tua causa e invece guardati intorno: silenzio, indifferenza. Ormai possiamo toglierci tranquillamente la maschera e nessuno si indigna. Sei solo.

La gente comune ce la siamo lavorata lentamente. È stato facile, un gioco da ragazzi. D’altronde la tv le piace così tanto.

La tua chiesa, divisa in poche mosse, se si azzarda a parlare peggio per lei: sai, le banche, le tasse, gli scandali. Facile.

Pensavi di mettere i tuoi figli in una scuola cattolica per stare al sicuro? Dai, non sarai così ingenuo. Siamo anche lì con i programmi, i libri di testo, le ispezioni e, male che vada, con le tasse facciamo chiudere anche quelle.

Pensavi di educare tuo figlio da solo? Di trasmettergli in casa i tuoi principi e i tuoi valori? Ma allora non vuoi proprio capire. I tuoi figli ci racconteranno tutto, basta un tema in classe, saranno le nostre spie inconsapevoli. Poi ti toglieremo la potestà su di loro, verrai dichiarato incapace di educarli. Saranno nostri e faremo di loro quel che ci piace. 

Non ci credi? Ma dai, te lo dobbiamo anche spiegare? Non li vedi i medici, gli psicologi, i magistrati cui stiamo chiudendo la bocca? Poi sarà il tuo turno. A presto caro. Sarà facile. Un gioco da ragazzi.

Ancora non hanno capito

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Alessandro Benigni

 

 

Sembra incredibile, ma non hanno ancora capito: la questione è etica, non scientifica.

 

Dopo tre, quattro anni credo, in cui ci siamo battuti in ogni modo per far capire che la questione non è psico-metrica, non riguarda in nessun modo la possibilità di misurare il danno psichico delle persone, ma riguarda la loro dignità, il loro diritto inviolabile a non essere ridotte ad “adorabili oggetti di consumo” (per usare l’azzeccata espressione di Claudio Risé): ecco, ancora non hanno capito.

Le cose stanno così. Leggete:

«Su 19 commenti, 18 complessivamente concordano nel ritenere che il genere e l’orientamento sessuale dei genitori non siano di per sé fattori di rischio per la stabilità e il benessere psicologico dei figli».

Così, si esprime trionfante, l’ennesimo “psicologo” con qualche problemino sotto il profilo della gestione etica del discorso.

Che succede? Di cosa sta parlando? Semplice. C’è questo “studio” – farlocco come tanti altri, che abbiamo visto in questi anni – secondo il quale i bambini deprivati di padre o di madre e violentemente trascinati in coppie dello stesso sesso, stanno benone. Vanno bene a scuola, rispondono bene ai test (ovvero alle “interviste” che sono però rivolte quasi sempre agli stessi “omogenitori”  qualsiasi cosa questo neologismo assurdo voglia significare), e così via. Insomma: nessun problema, dice questo “studio” (una raccolta di articoli), per i bambini cui è stata negata la mamma o vietato il papà, solo per far contenti due adulti dello stesso sesso.

Lo abbiamo già spiegato: non serve a nulla sostenere che uno studio vale qualcosa perché viene pubblicato su una rivista o su un’altra. Men che meno importa sapere chi l’ha condotto e quali sono i risultati. Bisogna sempre entrare nel merito: prenderne in esame la metodologia, i criteri, i soggetti coinvolti, e soprattutto, ricordare che non si può mai passare da una teoria psicologica ad un assunto etico. Quali che siano le teorie o gli assunti etici, ovviamente. Sarebbe una gravissima fallacia, sullo stampo di quella naturalistica già individuata da David Hume (pensate un po’, siamo nella metà del ‘700!), per cui dalla osservazione di uno stato di fatto si pretende di passare automaticamente ad una pretesa di diritto.

 

Qui l’articolo – tratto da l’Avvenire – che ne parla diffusamente.

Vi risparmio lunghe citazioni, se proprio vi va, date un’occhiata voi stessi.

 

La sintesi: secondo questi luminari, il problema è risolto nella misura in cui i test (spesso condotti da stessi esponenti Lgbt, come già mostrato decine di volte) “dimostrerebbero” che i bambini stanno bene: non mostrano – sempre secondo loro – nessuna sofferenza.

 

E’ precisamente a questo punto che entra in gioco la Filosofia, col suo dubbio metodico, e s’interroga.

 

Basta questo criterio per legittimare la mercificazione dei bambini e la loro deprivazione della figura paterna o materna? Basta la presunzione di assenza di danni?

Se sì, allora dovremo legittimare, in base allo stesso principio, anche quella famosa pedofilia soft, promossa da Richard Dawkins, che in quanto tale non farà alcun danno al bambino.

 

Il ragionamento è questo: se è lecito fare ai bambini quello che si vuole, finché non si dimostra che si procura loro un danno valutabile con gli attuali test psicologici, perché non dovrebbe essere lecita anche una forma leggera, non invasiva, di pedofilia?

 

Mi spiace per lor signori, più o meno esperti, più o meno dotti, o sedicenti tali, ma questo insegna la Filosofia: a non fidarsi di nessuno, a dubitare di tutto e di tutti.

Prima di tutto di questi piccoli maestri, che tentano di dire bugie mascherandole da diritti.

Non occorre però la Filosofia per sapere che le bugie hanno le gambe corte, sempre, e che ragionamenti mal posti, fanno cilecca.

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Sui legami tra omosessualismo e pedofilismo

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Prima parte: aspetti storici

 

 

 

I legami tra omosessualismo* e pedofilismo sono molteplici, chiari ed evidenti.

 

Il fatto che oggigiorno non se ne possa parlare, pena l’essere immediatamente accusati di omofobia, minacciati di querela, additati come catto-integralisti (quando va bene) è sintomatico.

* omosessualismo: non è un sinonimo di “omosessualità” o di “omosessuali”. Non tutti gli omosessuali sono omosessualisti, e men che meno tutti gli omosessualisti sono omosessuali. Per “omosessualismo” intendiamo riferirci a quella posizione ideologica che pretende di piallare la realtà, annullando le differenze reali su un piano astratto, per poi farle ricadere nuovamente sul piano concreto, sostenendo per esempio che l’omosessualità è normale tanto quanto l’eterosessualità, che una coppia same-sex è eo ipso famiglia e pertanto dev’essere giuridicamente riconosciuta e tutelata in quanto tale, così come famiglia sarebbe del resto qualsiasi gruppo sociale, più o meno variamente e numericamente composto, o che uomini e donne sono “uguali” e pertanto ne consegue che ad un bambino non importa avere entrambi i genitori, padre e madre, ma possono andare benissimo due uomini o due donne, o anche “diciotto genitori”, come sosteneva la leader delle “famiglie arcobaleno”, Giuseppina La Delfa. Omosessualismo è in questo senso un sinonimo di ideologia gender, il cui senso ultimo è piegarsi di fronte alla Tecnica, mercificare l’essere-umano, degradandone la dignità anche mediante il passaggio dalla generazione alla progettazione e quindi alla fabbricazione, ridurre l’atto generativo ad un incontro asettico tra ovulo e spermatozoo, operato per via medicale e laboratoriale, consentire la vendita o la cessione di bambini (come se fosse un atto d’amore da parte degli adulti e non la cancellazione brutale dei diritti del bambino), pretendere che per soddisfare il desiderio di genitorialità di due (opiù, perché no?) adulti dello stesso sesso si possa accettare la negazione dei diritti del bambino(primo dei quali è avere un padre e una madre, anzi il proprio padre e la propria madre, ed essere da essi allevato, come recita l’art. 7 della Convenzione Internazionale dei Diritti del fanciullo).

 

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Comunque sia, lungi dal tentare anche solo una sommaria ricostruzione di questo legame, vorrei qui tentare qualche considerazione preliminare ed accennare poi a qualche dato storico difficilmente confutabile.

 

Prima di tutto, la cultura “scientifica. Eh sì, perché oggi, basta buttare in mezzo a qualsiasi frase il termine “scienza” per ottenere un immediato, incondizionato, stereotipato consenso.

Qualsiasi idiozia si voglia sostenere.

E’ così che ci stiamo silenziosamente e supinamente avvicinando alla legalizzazione di tutto: dalla mercificazione della vita umana alla pedofilia.

C’è da giurarci.

E le due cose sono naturalmente in stretta, strettissima correlazione. E’ dal momento in cui io considero una persona umana come un qualcosa che posso ordinare su misura, per i miei scopi, privandola del padre o della madre e della sua dignità naturale, che implicitamente compio un atto che appartiene alla forma generale di ciò che chiamiamo abuso sui bambini.

 

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“Il pelo nell’uovo” – undicesima edizione del Gender Bender: ombre di pedofilia?

Leggi qui …

Per dare un’idea di quanto il processo di convincimento inconscio o se volete inconsapevole (subliminale) delle masse sia avanzato, secondo lo schema di Overton, si pensi solo al fatto che due anni fa, nel 2014 – come ci ricorda Antonio Brandi – “Illustri professori, sociologi e psichiatri, educatori, assistenti sociali, intellettuali e politici, pubblicamente e apertamente, in consessi di prestigio internazionale (da ultimo una conferenza a Cambridge), sostengono apertamente che la pedofilia è normale, per uomini normali. Se non c’è violenza, e con la dovuta “educazione”, per i bambini è piacevole e naturale intrattenere rapporti sessuali, anche con gli adulti. I pedofili sono una categoria ingiustamente demonizzata…”. (Leggi qui l’articolo integrale).

“Se lo dicono in un congresso scientifico sarà pur vero, no?”

E’ così che ragiona il ritardato etico di turno.

 

Siamo ad un passo. Anzi, come vedremo più avanti, qualche passo ben oltre il limite è già stato compiuto. Ha perfettamente ragione Francesca Romana Poleggi, quindi, quando afferma: “Non c’è da stupirsi. E’ il logico risultato della cultura omosessualista e del gender. E’ una necessaria conseguenza del libertarismo radicale sfrenato e dell’egualitarismo scervellato e scellerato che si sono andati diffondendo negli ultimi decenni.

Rafael Gondim e Courtney King con loro figlio Gabriel King di cinque anni durante la marcia "Heritage Pride" a Manhattan, dopo la sentenza delle Corte Suprema a favore dei matrimoni gay negli Stati Uniti (AP Photo/Kathy Willens)

 

 

Sintomaticamente, un articolo di  Jack Minor, dal Northern Colorado Gazette, si intitola: “I pedofili vogliono gli stessi diritti degli omosessuali“. L’attrazione per i bambini è un orientamento sessuale come tanti, è un altro dei “generi” in voga. E’ un’altra delle pulsioni che ormai abbiamo imparato ad elevare al rango di “diritto”.

Del resto dal canto loro – prosegue Francesca Romana Poleggi – “gli psichiatri stanno facendo in modo di derubricare anche la pedofilia dalle malattie mentali, così come avevano fatto per l’omosessualità negli anni ’70.  Un gruppo di professionisti ha proposto di modificare la definizione di pedofilia contenuta nel Manuale di diagnostica e statistica dei disordini mentalinon più “pedofili”, ma “persone attratte dai minori”, perché bisogna aiutare i professionisti della mente umana a comprendere detti soggetti, aldilà degli “stereotipi” e dei pregiudizi costruiti dalla società. Infatti, secondo loro, gli effetti negativi del sesso tra adulti e bambini sono stati eccessivamente sovrastimati: la grande maggioranza delle persone che ha avuto rapporti con adulti durante l’infanzia  non ha riportato conseguenze sessuali negative una volta raggiunta la maturità”. (Leggi qui l’articolo integrale)

 

 

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Non deve quindi stupire che perfino un pugile, non certo un professore di Psicologia, abbia tratto le logiche, debite conclusioni, rispetto a quanto sta accadendo in questi mesi (incorrendo, come da manuale, nell’immediato attacco della gaystapo): I tre fattori che potrebbero determinare la fine del mondo? Legalizzare l’omosessualità, l’aborto e la pedofilia. Chi avrebbe mai detto negli anni Cinquanta o Sessanta che le prime due sarebbero diventate legali in molti paesi?”.

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Anche il pugile sul ring sa quindi che cosa significa “assuefazione e quali sono i meccanismi che regolano la discesa nel piano inclinato: un passo alla volta, si arriva ad accettare tutto.

Overton docet, ancora una volta.

 

D’altra parte anche in politica non si scherza. Da anni il lavoro del partito dei pedofili è monitorato con attenzione, preoccupazione ed ultimamente con allarme dagli osservatori più attenti. Tra gli intellettuali e cattedratici che hanno sposato la mala causa, Tommaso Scandroglio sulla Nuova Bussola Quotidiana ha recentemente segnalato Margo Kaplan, docente alla Rutgers School of Law di Camden: “La professoressa ha scritto un articolo sul New York Times intitolato “Pedofilia: un disturbo e non un crimine” (Pedophilia: A Disorder, Not a Crime). E’ interessante notare, con Scandroglio, come la tecnica usata per legittimare i pedofili sia la stessa che è stata messa in pratica per la legittimazione dell’omosessualità: un passo alla volta, come Overton insegna.

“Un primo passo per rendere accettabile una condotta o una condizione è affermare che non è poi così rara. Scrive la Kaplan: «Secondo alcune stime, l’1 per cento della popolazione maschile continua, molto tempo dopo la pubertà, a sentirsi attratto da bambini in età prepuberale». La pedofilia è quindi una realtà sociale, un fenomeno che esiste ed esiste accanto a noi”. Intanto già da tempo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dice che la pedofilia è un disturbo se «provoca un disagio o difficoltà interpersonali». Quindi un pedofilo sereno non soffre di alcun disturbo; se il bambino è “consenziente”, il “disturbo” magicamente scompare.

Secondo passo: «la pedofilia è uno stato e non un atto. […] Circa la metà di tutti i pedofili non sono sessualmente attratti da loro vittime» dice la professoressa. Quindi la metà dei pedofili sono persone per bene, che i bambini neanche li toccano (ma se non ne sono attratti sessualmente che pedofili sono? Ci vuole far credere che tutti coloro che amano i bambini – educatori, intrattenitori, baby sitter – sono pedofili?). (Leggi tutto l’articolo qui)

 

 

 

 

E il “mondo scientifico”? Non si sottrae alla regola. Logico. In Inghilterra sono i docenti accademici a stabilire che «è normale voler fare sesso con i bambini» (Leggi tutto l’articolo qui)

Basterà dare un’occhiata al testo originale per restare a bocca aperta: “Paedophilia is natural and normal for males”. Niente male, come salto in avanti verso il progresso. Tanto, “lo dicono gli scienziati“. Giusto? Quindi, che c’è di male?

Nel 2000 – sedici anni fa – don Ferdinando Di Noto, presidente del “Telefono Arcobaleno”, affermava che su Internet bazzicano più di cinquanta organizzazioni mondiali pedofile. Al sacerdote non era sfuggito il tam-tam in rete in preparazione di un “Boy love day” internazionale sul modello del tanto strombazzato “Gay Pride International” romano. Il giorno prescelto per la manifestazione dell’orgoglio pedofilo sarebbe il 24 giugno di ogni anno (quando, a furia di “dibattere”, il tema non susciterà più repulsione ma, pur con le dovute riserve, sarà ammesso nell’arengo mediatico: anche in questo caso, come non pensare a Overton?

Lo scopo dichiarato di queste associazioni pedofile è quello di fare accettare all’opinione pubblica anche questo “diritto civile“, basta che il partner sia consenziente. Si tratta evidentemente della trappola sofistica dell’estensione dei diritti. Si tratta di acquisire una maggiore libertà, per tutti, che male ci potrà mai essere? E’ con questo escamotage che si fa largo – soprattutto tra i giovani – l’idea che chi vuole vietare – per proteggere – sia in torto: la parte odiosa la fa chi vuol vietare qualcosa a qualcun altro, com’è logico. Con il risultato che stiamo tutti, inesorabilmente, precipitando verso una regressione barbarica da cui non si potrà più uscire(Cfr. “Come si potrà tornare indietro?” leggi tutto l’articolo qui).

Secondo il meccanismo individuato da Overton  e per altro verso da Chomsky – la scala dei valori si sta spostando molto velocemente. Anche se non ce ne accorgiamo. Anzi, soprattutto in quanto non ce ne accorgiamo. Il tutto avviene tramite un mascheramento cognitivo che a suon di posizioni pseudo-scientifiche e radicalmente a-morali, fanno pian piano passare nell’opinione pubblica l’idea che sia in fondo tutto normale. Tutto e il contrario di tutto, s’intende.

E’ l’effetto incorniciamento, sul quale torneremo senz’altro in seguito: viva i diritti per tutti (però si dimentica di dire che questo comporta la cancellazione di quelli dei bambini). Normale enaturale vengono astrattamente fatti coincidere e con un salto pazzesco sul piano morale (la cosiddetta fallacia naturalistica) si passa alla giustificazione di qualsiasi perversione. Uso questo termine in accezione freudiana, sia chiaro, aggiungendo che l’esaltazione ipertrofica del principio di piacere – a danno di quello di realtà – non può che portare danni molto seri, e non solo a livello individuale, ma bensì sul piano sociale. Stanno attentando alla psiche di tutti. Come aveva capito perfettamente Italo Carta.

Il processo in atto è altamente distruttivo: prima ci faranno credere che l’omosessualità è “naturale”, quindi che è “normale” e poi sarà il turno della pedofilia, già immessa sullo stesso binario.

 

Non ci credete? Fateci caso.

Pensate ad alcune contemporanee “rappresentazioni artistiche“:

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Oppure alla pressione dei media che ovunque muovono verso l’iper-sessualizzazione dei bambini: nuove finestre di Overton si aprono.

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Anche i “grandi” filosofi contemporanei si stanno muovendo in questo senso. Qualcuno ha già lasciato intendere che i pedofili sono una categoria ingiustamente demonizzata, come un tempo era quella degli omosessuali. Scrive Antonio Brandi: “Se Richard Dawkins sostiene che una “moderata pedofilia” non dovrebbe essere giudicata severamente, l’American Psychiatric Association l’ha derubricata da malattia, a disturbo, e da disturbo a preferenza sessuale. Anzi, al termine “pedofilo” va sostituita l’espressione “adulto attratto da minore”: bisogna evitare gli stereotipi e le stigmatizzazioni sociali (!). Associazioni apertamente pedofile come NAMBLA e B4U-ACT o il partito pedofilo olandese Stitching Martijn, hanno mano libera: invano, Don Fortunato Di Noto, fondatore dell’ OSMOCOP (Osservatorio Mondiale Contro la Pedofilia e la pedopornografia) e dell’associazione Meter, da più di 20 anni denuncia che “migliaia di bambini, anche neonati, subiscono cose indescrivibili, e le loro immagini vengono pubblicate su internet per soddisfare l’eccitazione malata di orchi e affini”. (Leggi qui l’articolo intero)

 

Da qualche parte ho letto che tale dottor Van Gijseghem, ex professore di psicologia presso l’Università di Montreal – avrebbe avuto il coraggio di affermare: “L’omosessualità è un orientamento sessuale come tanti altri: c’è chi è gay, poi c’è chi è etero, e poi c’è chi è pedofilo”. Devo ammettere che non fa poi impressione più di tanto. Non dopo aver letto quanto sopra citato. Confortante, vero? Direi: sintomatico.

 

Non notate niente? Lo stesso processo di derubricazione ha riguardato l’omosessualità, negli anni del ’68.  Per la precisione, nel caso della legalizzazione dei “matrimoni” per coppie dello stesso sesso, restando sul binario tracciato, l’inizio del movimento che porta ai risultati odierni è di difficile individuazione, ma un passaggio epocale è stato senz’altro il 1973, anno in cui l’APA(l’Associazione degli Psicologi Americani), ha derubricato l’omosessualità dal suo manuale diagnostico, il DSM (Diagnostic and Statistic Manual); sulla scia di questa decisione, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) l’ha cancellata dal suo manuale diagnostico, l’ICD (International Classification of Disease), nel 1991. Alla fine di questo percorso, ai giorni nostri,quasi tutti sono d’accordo nel ritenere l’omosessalità sia “normale” e perfettamentenaturale, con tutte le conseguenze che ne derivano. Lasciamo perdere – per ora – quanto sia affidabile la metodologia con cui i vari DSM sono stati redatti e dove stiano portando l’abolizione el’invenzione di nuove malattie dal nulla.

 

E’ chiaramente la scala di Overton, ancora una volta, in azione. Tanto che anche l’arte viene utilizzata come alibi per sdoganare la pedofilia: le sculture pedopornografiche dei fratelli Chapman sono esposte nei musei e spettacoli con scene erotiche tra adulti e bambini sono applauditi dagli intellettuali di grido che frequentano i festival Gender Bender. L’ILGA e l’Istituto Kinsey, ricevono regolarmente finanziamenti anche con denari pubblici dell’UE (quindi soldi miei e vostri), e sono accreditati tra i consulenti dell’ONU. La loro opera è stata utile a stilare i famosi “Standard per l’educazione sessuale in Europa” dell’OMS, diretti a insegnare ai bambini da 4 anni in su a masturbarsi, a toccarsi, a cambiare sesso. Tutto quadra, i conti tornano.

 

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E’ sempre la lucida analisi di Antonio Brandi a ricordarci l’aspetto teleologico di questo movimento: “Aborto, destrutturazione della famiglia, ideologia gender, omosessualismo, incesto e pedofilia, sono tra loro collegati. Occorre quindi agire in maniera organica con una battaglia a tutto campo, su tutti i fronti. Il sesso da o con i bambini è solo un altro confine repressivo da spazzare via, in nome della rivoluzione sessuale e libertaria che, contro ogni buon senso, contro la ragione e la legge naturale, si presenta con lo slogan obamiano “love is love”: basta che ci sia “l’amore”.

 

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Love is love“, appunto. Lo slogan sulla bocca di tutti. Eppure in pochi ricordano che l’amore non è affatto sempre Amore.

 

Dietro le quinte, come sempre, una montagna di soldi.  E’ sempre Provita a fare il punto preciso della situazione: il manager, grande esperto di marketing, prof. Paul E. Rondeau, della Regents University, nel 2002 ha dettato le linee guida per “Vendere l’omosessualità all’America ”.Una vera e propria azione strategica che si articola nei passaggi qui riassunti.

 

Step 1: “desensibilizzare”.  I media devono diffondere fino alla nausea messaggi, modelli e situazioni che rendano all’opinione pubblica la percezione che l’omosessualità sia estremamente diffusa, le coppie omosessuali più o meno famose devono essere comuni, normali, scontate. E come, tutti noi possiamo constatare, questo è fatto. Gli studi statistici dimostrano che – per esempio – negli Stati Uniti i gay sono meno del 3% della popolazione. Ma ciascuno di noi stenta a crederlo, non è vero?

 

Step 2: “bloccare”. Censurare in ogni modo le posizioni di chi ritiene che l’omosessualità non sia “normale”: insomma il “dalli all’omofobo” che stiamo subendo in ogni contesto, da un po’ di tempo a questa parte.

 

Step 3: “convertire”. Agire sulle masse, su coloro che non hanno una formazione culturale solida sull’argomento, affinché accettino la normalizzazione della cosa proposta: anche su questo la strategia messa in atto è a buon punto. Voi, però, se state leggendo questo post e se siete abbonati alla nostra rivista, siete fra quelli con la formazione culturale solida, di cui sopra: sta a voi diffondere le idee sane e “irrobustire” la cultura di coloro che vi sono prossimi.
Un’ultima considerazione, non ultima per importanza:
La stessa strategia è stata messa in atto per “vendere” la pedofilia.

Ancora una volta: cosa ci ricordano questi passaggi ben definiti e razionalmente calcolati?

Rivediamo la finestra di Overton:

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Tutto ciò è – ancora una volta  – perfettamente in linea con il pensiero di Mario Mieli, come è stato ricordato sul quotidiano Liberazione già nel 2008:

 

Altra grande rottura di senso è il riconoscimento della sessualità indistinta, gioiosa e vitale del bambino. Il bambino è, secondo Mieli, l’espressione più pura della transessualità profonda cui ciascun individuo è votato. È l’essere sessuale più libero, fino a quando il suo desiderio non viene irregimentato dalla Norma eterosessuale, che inibisce le potenzialità infinite dell’Eros. Discorso eversivo e scomodo oggi più che mai, in una società attanagliata dal tabù che investe senza appello il binomio sessualità-infanzia, ossessione quasi patologica che trasforma il timore della pedofilia in una vera e propria caccia alle streghe.
Quello di Mieli è un monito a tenere bene a mente la vitale, originaria e prorompente sessualità infantile, in modo da non imbrigliarla nelle coercizioni della Norma, che genera inevitabilmente repressione, omofobia, violenza, discriminazione. Mieli non dà risposte, ma lascia aperti interrogativi di ordine etico sul ruolo castrante del sistema educativo (rappresentato dalla famiglia in primis) e sulle potenzialità ancora ignote di un Eros che, se lasciato libero di esprimersi, può fondare una società diversa da quella in cui viviamo. Sicuramente più libera. (…) Una famiglia non eterosessuale, ancorché monosessuale, potrebbe educare un figlio senza castrarlo, ci chiediamo, inculcando in lui i valori di una sessualità più vicina al potenziale transessuale originario?
Possono le nuove famiglie contribuire a rompere il circolo vizioso della normatività normalizzante e della normalità normativa? Alla Norma Mieli contrappone l’assunzione e la pratica di tutte le perversioni, che restituiscono agli individui la condizione originaria di transessualità”.

 

 

 

 

 

Applaudite (!) sculture pedopornografiche dei fratelli Chapman:
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Detto questo, tentiamo ora una breve sintesi, per lo più riferita al caso italiano (ma non solo):

 

1977. L’iniziatore del movimento omosessuale in Italia, Mario Mieli, che considerava «opera redentiva», per entrambi,il sesso tra un adulto e un giovanissimo(e anche la necrofilia, lacoprofagia e la pedofilia in senso stretto) ha pubblicato il suo libro Elementi di critica omosessuale, nel quale ha scritto: “Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino l’essere umano potenzialmente libero. Noi, si, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica” (Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, Milano, Einaudi, 1977). E ancora: “la corporeità umana entra liberamente in relazioni egualitarie multiple con tutti gli esseri della terra, inclusi i bambini e i nuovi arrivati di ogni tipo, corpi defunti, animali, piante, cose, annullando “democraticamente” ogni differenza non solo tra gli esseri umani ma anche tra le specie. A questa rivoluzione sociale sono di ostacolo i valori famigliari naturali e cristiani”. Morì suicida nel 1983. Col sostegno dei Radicali è nato il u.o.r.i. di Mario Mieli, centro culturale omosessuale che si ispira ai valori del suo beniamino.

 

1983. Nasce il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, associazione dedita alla difesa dei diritti civili delle persone LGBT. E’ una delle principali organizzatrici del Gay Pride di Roma e vede il transessuale Vladimir Luxuriatra i suoi esponenti ed è dedicata allo scrittore ateo e iniziatore del movimento omosessuale in Italia Mario Mieli, promotore della pedofilia e della liberalizzazione sessuale del fanciullo (vedi anche Contro la Leggenda nera). L’intellettuale riteneva anche che omosessualità e pedofilia fossero correlate (da Gris.Imola.it).

 

1990. Le associazioni omosessuali (COC) fondate da Jef Last (pedofilo omosessuale e amico di André Gide) nei Paesi Bassi hanno voluto e ottenuto la depenalizzazione dei contatti sessuali con giovanetti al di sopra dei 12 anni, avvenuta nel 1990. Le condizioni poste furono il consenso del giovane e il nulla osta dei genitori (da G.J.M. van den Aardweg, Matrimonio omosessuale e affidamento a omosessuali, 1998, p. 507 e da Pedofilia in Italia e cultura pedofila).

 

1996. Aldo Busi, noto ateo, anticlericale, radicale e omosessuale si è mostrato aperto alla pedofilia. Al Maurizio Costanzo Show ha dichiarato: “ma da quando la pedofilia è un crimine? Io ho fatto di tutto! Se anche un adulto masturbasse un ragazzino, che male ci sarebbe?”. Busi ha anche incolpato addirittura i minori di essere provocatori verso gli adulti. Ha affermato: “non c’è nulla di scandaloso se un ragazzo compie atti sessuali con un adulto e semmai sono i bambini a corrompere gli adulti e non viceversa”. Intervistato da Repubblica ha detto: “Può esistere una pedofilia blanda, quella praticata dai bambini sugli adulti. I bambini sono in certi casi corruttori degli adulti. Oggi cercano il capro espiatorio nel cosiddetto pedofilo, come ieri negli zingari, negli omosessuali, negli ebrei, nei palestinesi, nelle donne, ma anche i bambini hanno la loro brava sessualità e che gli adulti non devono più reprimerla” (da Repubblica 12/12/1996).

 

2001. L’avanzata di Overton: esiste una “pedofilia buona” e una “cattiva”. Giuseppe Anzani su “Avvenire” (22 maggio 2001), condanna i “distinguo” tra una pedofilia “buona” e una cattiva: “Già in passato i fabbricanti di opinione hanno posto i loro ’distinguo’, ad esempio per il sesso adulto che occhieggia i bambini “sofficemente” senza violenza fisica, con una sorta di complice intesa. Folli. Questi veleni vanno stroncati sul nascere, perché il bambino è violato in modo ancora più subdolo e micidiale (…) C’è qualcosa che uccide nell’anima, prima di profanare o straziare il corpo. Le cose mostruose che seguono, e che oggi ci strappano indignazione sgomento, sono conseguenze”. Su questa medesima linea si muove lo scrittore Claudio Camarca, autore del recente libro “SOS pedofilia”, che condanna i cosiddetti “Intellettuali” italiani che, conniventi oggettivi, si rifiutano di esaminare e denunciare le mire ideologiche e politiche della lobby pedofila, quando addirittura non le giustificano: “Si, molti sedicenti intellettuali sono i mandanti della pedofilia in Italia. Magari vanno in televisione a sostenere che la pedofilia è un fatto naturale, che la pedofilia ’dolce’ non è un male. Storie, menzogne. La cosiddetta pedofilia ’dolce’ è la peggiore, le lusinghe creano nel bambino un contesto di ambiguità terribile. La violenza può anche essere spiegata, e allora il mostro lo identifichi, ma chi ti lusinga ti fa credere invece di essere tu, il bimbo, la parte attiva.” (“Avvenire”, 24 maggio 2001). [Fonte: “Contro la leggenda nera”].

 

2006«Via libera al partito pedofilo». Sentenza choc in Olanda. Un tribunale ha respinto l’istanza di un’associazione che aveva chiesto di proibire al partito la partecipazione alle elezioni. La decisione dei giudici motivata con il rispetto della «libertà d’espressione». Articolo: “La rabbia è esplosa sul web pochi minuti dopo la lettura dell’ordinanza. «È una vergogna», «Stanno attentando ai valori della nostra società», «Non voglio più vivere in questo Paese». Siti Internet e blog sono assurti ieri ad incubatore delle proteste. La decisione di una Corte dell’Aja di non bandire dalle prossime elezioni politiche olandesi il partito pedofilo Amore del prossimo, libertà e diversità (Nvd) ha scatenato la rabbia di quanti speravano in un intervento dei giudici per frenare sul nascere l’ennesima svolta-choc nei Paesi Bassi. Il tribunale – chiamato ad esprimersi su un esposto presentato dall’associazione Soelaas e dagli attivisti del gruppo Diritto fondamentale alla sicurezza nell’educazione – ha invece dato ragione al movimento pedofilo, in nome della «libertà d’espressione». Una «interpretazione troppo estensiva della tradizionale tolleranza olandese», secondo la definizione di un’associazione dei Paesi Bassi che si batte per i diritti dei bambini. «Dopo aver già liberalizzato l’eutanasia infantile le nostre autorità hanno fallito di nuovo», scrive Jaap, 46enne di Utrecht, su un forum on-line. «Saranno gli elettori a giudicare le ragioni di questo come degli altri partiti», ha dichiarato il giudice H. Hofhuis argomentando la decisione della Corte. A giudicare dai sondaggi, comunque, la sicumera mostrata ieri dal fondatore dell’Nvd, il 62enne Ad van der Berg, dettosi certo di un successo elettorale, sembra eccessiva. Circa 85 olandesi su 100 si sono infatti detti «assolutamente contrari» al nuovo partito, e ribadito la necessità di rendere illegale la promozione della pedofilia. «Gli olandesi devono far sentire vigorosamente la loro voce, se vogliamo evitare di sacrificare l’innocenza dei nostri bambini agli interessi pedofili», ha sottolineato l’associazione No Kidding. «La pedofilia e la pornografia infantile dovrebbero essere un tabù», è la posizione del partito calvinista Sgp sul gruppo di van der Berg, un gruppo «dagli ideali perversi», secondo la definizione del parlamentare olandese Geert Wilders. Il Telegraaf, il quotidiano più venduto dei Paesi Bassi, ha definito più volte «insensata» la creazione del nuovo soggetto politico, e anche gli altri media del Paese hanno criticato con forza il «manifesto» del gruppo. Il programma dell’Nvd è ritenuto dagli analisti «inquietante». Il movimento pedofilo punta innanzitutto all’abbassamento della soglia dell’«età del consenso»: il limite per la liceità dei rapporti sessuali tra adulti e adolescenti dovrebbe essere abbassato dai 16 ai 12 anni, e poi gradualmente abolito. Anche la diffusione e il possesso di materiale pedo-pornografico dovrebbe essere depenalizzato, e dovrebbe essere consentita la partecipazione dei giovanissimi a film ad alto contenuto erotico. Il tutto in nome di un presunto «scopo educativo». Il codice civile olandese vieta espressamente soltanto quei movimenti che si rifanno a «odio, discriminazione razziale e xenofobia». Seguendo questa norma, il tribunale dell’Aja ha rigettato l’imposizione del bando. Ma viste le immediate reazioni dell’opinione pubblica a tale decisione, il partito pedofilo non sembra destinato ad ottenere vasti consensi nei Paesi Bassi”. (Fonte: Paolo M. Alfieri, AVVENIREMartedì 18 luglio 2006).

 

2006. Denuncia di un europarlamentare: pedofilia dialaga nell’Ue. L’Ue latita sulla pedofilia, di Luca Volontè (Capogruppo Udc alla Camera dei deputati): “In una recente intervista a un noto settimanale femminile, l’europarlamentare di An Cristiana Muscardini tuona contro l’ascesa del partito dei pedofili in Europa. Con una coraggiosa presa di posizione, la deputata Ue spiega che la realtà è inquietante non solo per il fatto in sé, ma perché si tratta di una pratica in uso anche da alcuni colleghi a Bruxelles… (leggi qui)

 

Il caso Aldo Busi. L’Associazione Nazionale Sociologie l’Osservatorio sui Diritti dei Minori ha preso posizione contro l’ateo anticlericale e omosessuale Aldo Busi, ritenuto “pro-pedofilo” (da ASCA.it e OneTv.it). Nel suo libro “Manuale per il perfetto papà”, ha infatti spiegato che l’età per rapporti omosessuali ritenuta da lui lecita è a partire dai tredici anni, in quanto a questa età un ragazzo, sarebbe adulto e libero di decidere di avere rapporti con un altro uomo. Nel 1996 ha dichiarato al Maurizio Costanzo Show: “ma da quando la pedofilia è un crimine? Io ho fatto di tutto! Se anche un adulto masturbasse un ragazzino, che male ci sarebbe?

(Sul “caso Busi” si trovano in rete un interessante video ed una memoria precisa):

 

Per chi fosse interessato ad una disamina più articolata sui rapporti generali tra laicismo e pedofilia, segnalo l’ottimo reportage di UCCR, da leggere qui.

*

 

 (… segue una seconda parte: sui legami concettuali)

 

Alessandro Benigni

STANDARDS OMS PER L’EDUCAZIONE SESSUALE IN EUROPA, CHI LI HA REDATTI?

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Chi ha avuto modo di leggere gli Standars per l’Educazione Sessuale in Europa può essere rimasto sconcertato di fronte al fatto che a bambini di 0-4 anni vengano proposti argomenti come gioia e piacere nel toccare il proprio corpo, masturbazione infantile precoce, esprimere i propri bisogni, desideri e limiti ad esempio nel “gioco del dottore”, il diritto di esplorare le identità di genere; che a quelli nella fascia d’ età 4-6 si parli di basi della riproduzione umana, scoperta del proprio corpo e dei propri genitali, argomenti inerenti la sessualità, amicizia e amore verso persone dello stesso sesso, relazioni con persone dello stesso sesso; che dai 6 ai 9 si affrontino le basi della contraccezione, i diversi metodi contraccettivi, gioia e piacere nel toccare il proprio corpo (masturbazione/auto-stimolazione), la prima esperienza sessuale. “Non meno sconcertante il fatto che i genitori – per quanto informati e addirittura competenti, possano di fatto essere – vengano definiti come fonte informale di educazione sessuale, vale a dire inappellabilmente esautorati di fronte all’autorevolezza di altre fonti definite “formali”, tra le quali la scuola, contravvenendo, tra l’altro alla dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo all’art. 26, terzo punto (http://www.un.org/en/documents/udhr/index.shtml#a26).

Non è senza pregio, quindi, cercare di capire quale autorevolezza realmente abbiano gli esperti che hanno redatto tali Standard per l’educazione sessuale.
Se lo è chiesto Il Sussidiario in un articolo apparso il 30 dicembre 2013 (http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2013/12/30/SCUOLA-L-educazione-dei-nostri-figli-Ci-pensa-un-consultorio-abortista-finlandese/455450/) e del quale proponiamo qui un riassunto.

Si tratta di 19 persone di 11 dei 53 Paesi che compongono il bacino di riferimento (l’Eurasia) con a capo Dan Apter, un finlandese che risulta capo-medico di un consultorio abortista finlandese presso il quale lavorano tre medici, dei quali Apter è, appunto, il capo. 17 degli altri 18 sono “personaggi del tutto analoghi per passato, convinzioni e spessore”. L’autorevolezza di un esperto normalmente si giudica sul ruolo che riveste e sulle pubblicazioni scientifiche che portano la sua firma ma, da quanto è dato capire, sembra che nessuno del team che ha redatto gli Standards, possa vantare un curriculum di prestigio. Delle due inglesi, ad esempio, una appartiene all’ufficio contraccettivi dell’equivalente di una USL italiana e l’altra ad un forum di educazione sessuale.
Ciò che lega queste persone è l’Ippf-En, ossia l’International Planned Parenthood Foundation-European Network, le cui attività specifiche sono la pianificazione familiare, l’aborto e la contraccezione, come si può rilevare dal sito www.ippf.org. Questa organizzazione, che viene citata molte volte a piè di pagina tra le fonti degli Standard, “è il trait d’union che, in modo palese o occulto, lega tutti, ma proprio tutti, i 19 predetti «esperti»”.

Ma veniamo agli enti che hanno patrocinato il documento.
Esso è stato redatto a cura del BzgA, ossia il Centro Federale per l’Educazione alla Salute, un organo del ministero della salute tedesco, che diffonde cultura sanitaria ma in sostanza non è un ente medico.
Quanto all’OMS, lascia attoniti apprendere che il documento “non figura – sottolinea l’articolo – tra le pubblicazioni ufficiali dell’Oms-Europa né dell’Oms come ente Onu centrale” e il logo dell’OMS è stato ottenuto “solo grazie all’attività di una singola persona, tale Gunta Lazdane, Regional Advider Sexual and Reproductive Health Noncommunicable diseases and life-course presso l’Ufficio europeo dell’Oms”. Va peraltro detto che nemmeno l’OMS è un ente medico ma si compone, “in sede deliberante, di un rappresentante politico per ogni stato membro: esso, dunque, vota a maggioranza e non secondo scienza”.

Che considerazioni si possono formulare a questo punto?
– L’appartenenza dei collaboratori di questo progetto in massima parte al nord dell’Europa rende lo staff poco rappresentativo dell’intera area Eurasiatica, nella quale gli stili di vita e i valori di riferimento variano sensibilmente da nord a sud, così come da est a ovest.
– Il fatto che tutti i membri dello staff siano legati in qualche modo a una stessa organizzazione (l’ippf), che si occupa fondamentalmente della cosiddetta salute riproduttiva, lascia spazio a un sospetto di mancato contraddittorio con realtà diverse.
– La scarsa autorevolezza scientifica dei membri di questo staff si commenta da sola. Lasciare l’educazione di un intero continente in mano a degli sconosciuti è di per sé una cosa preoccupante, dimenticare che in Europa esistono qualificati esperti dell’età evolutiva è inquietante.

2015: L’ERA DEI PORNOBIMBI

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Nella società che stiamo creando, pare ormai che i bambini facciano di tutto meno che il celebre oh di poviana memoria… Una nuova ricerca – riportata dall’edizione on-line del britannico “The Telegraph” (10/3/2015) nell’articolo “Sexting: Girls as young as seven in explicit videos online” a firma di David Barrett, corrispondente per gli affari interni – rivela una “tendenza preoccupante” dei bambini a comparire in foto e video sessualmente espliciti on-line. Bambini di appena sette anni si mostrano nudi su internet in post che inviano anche loro stessi. Il gruppo di sicurezza online “Internet Watch Foundation” (IWF) e la Microsoft hanno collaborato in questa nuova ricerca, rilevando quasi 4.000 immagini e video in un campione che copre i tre mesi dello scorso autunno. Di questi, 667 (17,5%) riguardavano bambini di 15 anni o più giovani e di questi 286 si pensa che fossero addirittura sotto i 10 anni. Quasi tre quarti dei minori dai 15 ai 18 anni di età hanno inviato messaggi di testo sessualmente espliciti, mentre la metà ha inviato foto e video di se stessi nudi o semi-nudi. E la stragrande maggioranza dei contenuti – il 93% – era”firmata” sorprendentemente da ragazzine. Un video, ad esempio, presentava una ragazzina di circa sette anni che si metteva in mostra pesantemente truccata e vestita in biancheria intima. Un altro video di atti “estremamente espliciti sessualmente” riguardava un’altra ragazzina di circa 12 anni. Secondo il rapporto “In alcuni casi era chiaro che i bambini raffigurati erano consapevoli e intendevano che il contenuto che stavano creando apparisse su siti internet pubblici”. Ma un portavoce dell’IWF ha detto che, in qualche caso, il materiale è stato segretamente registrato su servizi di chiamata video Internet e poi pubblicato da terzi. In un altro video, una ragazza di circa 10 anni “piange ed è visibilmente molto angosciata”, dato che, prima di spogliarsi, scuote ripetutamente la testa verso l’individuo sconosciuto che comunicava con lei su internet. Sono casi di ‘sextortion’, “in cui un bambino viene ricattato grazie al contenuto sessuale che ha condiviso con il ricattatore. Se il bambino si rifiuta di farne altri, il ricattatore distribuirà il contenuto originale pubblicamente.” La scoperta, comunque, indica una tendenza preoccupante da parte dei bambini più piccoli a rilasciare contenuti sessualmente espliciti on-line. Secondo i ricercatori, “di particolare preoccupazione” sembra quasi non essere grave il fatto in sé, bensì soprattutto “che i giovani non abbiano preso alcuna misura per nascondere la loro identità o la posizione, mettendo in molti casi i loro veri nomi”. Fra l’altro, emerge che 9 su 10 delle delle immagini esplicite sono state create utilizzando una webcam, di solito da un computer di casa, contraddicendo quello che ci si sarebbe aspettato, il che dovrebbe far sorgere forse delle domande sulla crisi della famiglia attuale. Claire Lilley, responsabile della Sicurezza dei bambini on-line al NSPCC ha puntualizzato che “per proteggere i bambini ci devono essere più investimenti in organismi di controllo in modo da avere più addetti e l’ultima tecnologia per impedire questi abusi orribili” senza interrogarsi sul problema sociale, specie dal punto di vista educativo, riconducibile ai messaggi che trasmettono la società e, in particolare, la scuola. La Lilley rileva che “alcuni bambini più grandi probabilmente partecipano volontariamente a questi video perché potrebbe sembrare loro qualcosa di audace, qualcosa che da forti emozioni. Ma essi devono essere consapevoli che probabilmente non avranno più alcun controllo sulla destinazione finale di tali immagini. Potrebbero essere condivise innumerevoli volte e rimangono a disposizione per molti anni, con conseguenze che rimpiangeranno seriamente per la vita.” Complicazioni importantissime, certamente. Ma è davvero tutto qui, Lady Lilley?…

Mario German

Fonte: http://www.telegraph.co.uk/news/health/children/11460757/Sexting-Girls-as-young-as-seven-post-explicit-videos-online.html

NON SOLO OMOFOBIA

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Altro che omofobia: perché non parliamo di eterofobia, normofobia, genofobia e paidofoba?

 

Omofobia”, “omofobo”. Sono questi i peggiori termini che oggi si possono utilizzare contro qualcuno, con l’intento (garantito a priori) di farlo tacere: indicare nel pensiero dell’interlocutore tracce di omofobia, additarlo come un pericoloso omofobo. Il gioco è fatto. Basta il sospetto ed immediatamente l’inconscio collettivo opera la traslazione: costui è un pericoloso sovversivo, un danno per la società: l’omofobia – diagnosticata a priori – è (fra)intesa come sintomo di una patologia, avvisaglia di arretratezza culturale e di incapacità mentale ad accettare la bellezza dell’amore libero, del “love is love” – non si è bene capito poi avversione per cosa, di preciso: per gli omosessuali, per l’omosessualità in generale, o per l’agenda LGBT, o ancora per i diritti di tutti a fare un po’ come gli pare, anche sulla pelle dei più piccoli. O chissà cos’altro. Ma l’importante è tacere: che si stia a guardare, mentre il mondo si ammoderna.

Ce lo chiede l’Europa.

Sennò si è “gente da medioevo”.

E quello che ci si aspetta è –nel migliorerei casi – un bel programmino di rieducazione culturale:per chi non c’è stato abbastanza, si tratterà di tornare a scuola.

Altrimenti c’è anche la possibilità del carcere: come già si è visto.

E’ una triste considerazione: l’agenda dell’ideologia gender ha ottenuto già oggi, grazie all’invenzione di questo termine pazzesco, “omofobia”, uno straordinario successo. E ancor prima dell’approvazione del Decreto Scalfarotto. Essa ha colto già da tempo un duplice obiettivo: primo,  mettere al centro dei provvedimenti urgenti per il Paese ciò che urgente – in Italia – non è. La cronaca ci riporta puntualmente i casi delle condanne: pene e sanzioni sono già presenti nel nostro ordinamento, basta applicarle. Come se non bastasse l’Italia è uno dei paesi più gay-friendly del pianeta. Inoltre si è riusciti a far passare l’equazione “omofobo = chiunque abbia qualsiasi cosa da ridire”: omofobo è il solo pensare di obiettare qualcosa, a qualsiasi titolo,  compreso il punto nodale dell’adozione dei bambini in coppie omosessuali.

Sotto la pressione di questo marchio infamante (il cui significato è tanto sconosciuto quanto socialmente condiviso), sono riusciti a zittire qualsiasi interlocutore, ad interrompere qualsiasi contraddittorio. L’utilizzo abile e massiccio di astute strategie comunicative (mi limito qui ad indicare la tecnica sofistica dell’avvelenamento del pozzo) ha consentito perfino l’affermare – incredibile, ma vero – che i bambini non hanno diritti circa i loro genitori, che anzi i genitori non servono, oppure se ne possono avere un numero indefinito, “anche diciotto”, come suggeriva lucidamente Giuseppina La Delfa, presidentessa delle “Famiglie” Arcobaleno.

Padre e madre: inutili. Bastano degli adulti qualsiasi, che vogliano bene ai bambini, che si occupino di loro. Questo è il succo del discorso. E tutto questo – sempre incredibile ma vero – mentre parallelamente si afferma che la teoria del Gender “non esiste”(!).

Che dire, di fronte ad uno scenario così assurdo da diventare imbarazzante? Siamo di fronte ad una psicosi tanto generalizzata da non poter davvero fare o dire più nulla, a meno che non si voglia correre il rischio di venire additati immediatamente come talebani, retrogradi, o addirittura malati mentali?

Ecco. Partiamo da qui: la malattia mentale. Prima contraddizione: l’omofobia –  se è davvero tale – è una malattia mentale, come tutte le fobie, non dimentichiamolo. La vogliamo mettere su questo piano? Benissimo: allora in quanto omofobo pretendo di essere curato e non punito o zittito. Da quando in qua le malattie mentali si puniscono con intimidazioni, multe o addirittura il carcere (come vorrebbe il ddl Scalfarotto)? La verità è che ai cittadini importa davvero poco di quale sesso sia l’amante del vicino di casa: si entra nella sfera privata e finché non si lede il diritto o la dignità del prossimo, non credo vi siano obiezioni. Il fatto è che  quello che l’agenda omosessualista proclama come diritto inalienabile non è questo, ma qualcosa di molto diverso. La pretesa è di arrivare al matrimonio gay, con conseguente adozione di minori. L’idea è quella di mostrare una normalità artificiale, per poi nel contempo poterla dissolvere nello stagno scuro della contraddizione: quando qualsiasi coppia o gruppo sociale, variamente assortito (perché non oltre i famosi “diciotto genitori”?), è famiglia, significa una cosa sola: che la famiglia non esiste più.

Ma che c’entra a questo punto l’accusa di omofobia? Qual è la relazione tra (presunta) fobia per gli omosessuali e rivendicazione del diritto di ogni essere umano ad essere generato e da un padre e una madre e non fabbricato come una merce qualsiasi, magari mescolando lo sperma dei “padri”, scegliendo la madre in un catalogo (chi si ricorda Postalmarket? ecco, quello), affittando l’utero della prima ragazza indiana che lo mette sul mercato? Perché è questo in realtà quello che è avvenuto e avviene quotidianamente.

Il fatto è che se è “omofobia” tutto questo, allora è omofoba anche la Dichiarazione mondiale dei diritti del bambino, che all’articolo 7 recita: “Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi”.

Su questo occorrerebbe forse meditare e far meditare, se possibile.

Perché accettare passivamente l’equazione “difendere i diritti dei bambini = omofobia”? Questo è un altro errore di fondo che si deve assolutamente rimuovere, in quanto foriero del metodo sofistico cui abbiamo sopra accennato (“avvelenamento del pozzo”).  Se si accetta, col silenzio o lasciandola passare, un’affermazione implicita di questo tipo se ne deduce che  in quanto omofobo e pieno di pregiudizi il sostenitore dei diritti del bambino non va ascoltato, ma fatto tacere. Ora, chi l’ha detto che sostenere i diritti dei bambini è l’equivalente logico di avere “provare fastidio per gli omosessuali”? Come è evidente si tratta di due cose completamente diverse, che vengono abilmente mescolate insieme solo ai fini della propaganda omosessualista.

Ma non è finita qui. Occorre anche ribadire che non è affatto un pregiudizio omofobo sostenere che per tutti gli esseri umani è di fondamentale importanza nascere e crescere all’interno di una famiglia dove le figure genitoriali madre-padre assumono delle caratteristiche simboliche, strutturanti e formative che vanno al di là dell’affetto del caregiver (poco più che una baby sitter) e dell’amore che ogni genitore è naturalmente spinto a riservare al bimbo.  Il pregiudizio è, casomai, affermare contro l’evidenza che i bambini non hanno bisogno di un padre e di una madre. Dovremmo allora parlare non più di “omofobia“,  ma casomai di “eterofobia” e di “genofobia“. E siamo così ai termini fondamentali che dovrebbero entrare nel dibattito: genofobia, eterofobia, tanto per cominciare. Al contrario di quanto sostengono le associazioni genofobe, l’evidenza, l’esperienza comune, ma anche l’intera storia della psicologia mostrano che il bambino ricerca continuamente il padre e la madre perché questi e solo questi sono all’origine del processo generativo. Il bambino ha bisogno – oltre che diritto, come si è visto – di una famiglia, di una struttura strutturante, in cui la complementarietà di padre e madre lo possano individualizzare ed educare alla realtà. Nel riconoscersi, nel riconoscere la propria storia, la propria provenienza, la propria origine (“génos” in greco antico significa appunto stirpe, origine, provenienza), il bambino compie i primi passi nella strutturazione del Sé, si individua. Tutto il resto è supposizione e congettura, più o meno fantasiosa. Peraltro costantemente e puntualmente smentita dalla letteratura e dalle ricerche sul campo. Occorre ribadirlo: è assurdo sostenere che, per la crescita del bambino, avere un padre o non averlo sia la stessa cosa. Affermazioni genofobiche e paidofobiche, radicalmente ostili nei confronti dei bambini, come ad esempio “il bambino non ha alcuna esigenza della figura materna” non dovrebbero rimanere impunite o quantomeno dovrebbero venire condannate, anche dall’opinione pubblica. Altro che intolleranza. C’è da aggiungere che la genofobia non è solo una generica avversione alla riproduzione sessuale ma sta diventando una vera e propria filosofia di vita, un atteggiamento mentale che si diffonde sempre di più tra gay e etero, indistintamente. Facciamo un esempio: la corretta formazione delle ossa del cranio o le sane correlazioni tra il bambino e la coppia padre-madre sono l’attrezzatura, il patrimonio che lui utilizzerà nella vita. E’ ovvio che un difetto fisico, come un contesto familiare difficile o la mancanza di una o ambedue le figure genitoriali non impediranno al bambino di cercare delle soluzioni di crescita alternative. Ma è altrettanto ovvio che nessuna persona sana di mente danneggerebbe volontariamente un organo del bambino perché “tanto forse crescerà bene lo stesso”. Così a nessuno dovrebbe venire in mente di sottrarre volontariamente ad un bambino, una o ambedue le figure genitoriali perché “tanto forse crescerà bene lo stesso”. Il ricevere “amore” è condizione necessaria ma non sufficiente perla strutturazione dell’Io. Questo dovrebbero saperlo anche i teorici del “love is love”. O forse hanno una memoria corta e selettiva?

Siamo così alla domanda fondamentale: qual è la società che ci attende? “Genofoba”, come abbiamo visto. Una profonda e inconscia avversione alla vita, all’avventura e al rischio dell’esistenza, che si protrae fino a negare il processo di generazione naturale per sostituirlo con la fabbricazione di individui. Il passo sarà completo quando la tecnica offrirà uteri artificiali. Tra non molto, c’è da scommetterci.  Per ora, intanto, qualcuno ha ipotizzato che i bambini possano nascere dai maiali. Ma non è tutto. Il nostro mondo sta diventando anche complessivamente “eterofobo”, oltre che “normofobo” e, aggiungo, tristemente “paidofobo”. Eterofobo: la paura del confronto, della relazione con l’altro-da-sé porta gli individui più fragili a trincerarsi dietro al sogno di poter bastare a se stessi, evitando la sfida comunicativa e relazionale con l’alterità, con la differenza.

Liberazione: libertà di evasione, libertà di scelta. Sono queste le false promesse dell’ideologia Gender. E così il nostro mondo sarà dominato da “non-individui” (“in-dividuo” significa infatti indivisibile, un tutt’uno: ma quello che ci aspetta è  l’era del doppio, dell’indistinto, del “queer”, etc.) che nutrono un profondo senso di opposizione al diverso, incapaci dunque di relazionarsi sia con se stessi che di conseguenza con l’altro-da-sé. L’ansia di liberazione dal proprio male (e dal male, in generale) passa poi attraverso la negazione di ogni norma, di ogni vincolo, di ogni legame, di ogni accettazione della binarietà del reale: essere, non-essere; bene-male, maschio-femmina, etc. La paura della generazione diventa a questo punto perfettamente comprensibile: per questo la generazione di persone è già ora di fatto sostituita dalla progettazione e fabbricazione di esseri-umani-reificati, ridotti a cose, merce di consumo e/o compagnia, non un fine in sé, con una propria inviolabile dignità, ma teleologicamente progettati per assolvere ai desideri di qualcun altro, pronti per essere a loro volta ridotti a non-individui. Il percorso di auto-designazione arbitraria della propria identità rende ancora una volta manifesta una contraddizione interiore: l’ansia di una sovranità assoluta, che però è per sua natura sempre sfuggente. Dunque se non riesce ad essere padrone del mondo esterno, il soggetto si ripiega nella sovranità del proprio io, che diventa a questo punto un vero e proprio campo di battaglia tra forze opposte, in una modalità tragica e grottesca al tempo stesso: scegliendo il proprio sesso, la propria identità, a prescindere dal dato reale oggettivo che la determina a priori. In questo quadro è chiaro che la negazione del bambino, dei suoi diritti, fin dal concepimento, è del tutto prevedibile nella sua logica crudeltà: la paidofobia, l’odio inconscio per i bambini, appare così come la maschera inconscia più consistente del nichilismo estremo, quello di cui l’Occidente è sempre stato avvelenato e che si sta finalmente per realizzare nel suo trionfo finale: nel suicidio della civiltà.

Alessandro Benigni

BIBLIOGRAFIA DI TESTI SCIENTIFICI CONTRO MATRIMONI E ADOZIONI GAY

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