LA LOBBY TRANS

LA LOBBY TRANS

(no, non ne avete mai sentito parlare e qui scoprirete perché)

Si sente spesso parlare di una qualche “Lobby gay” che ha spinto per ottenere una serie di diritti civili per le persone omosessuali. Dalla cancellazione dell’omosessualità dall’elenco delle psicopatologie all’ottenimento dell’equiparazione, nei percorsi di adozione o matrimonio, delle coppie dello stesso sesso alle coppie sposate.

Oggi, come vediamo anche con il dibattito sul ddl Zan, la questione cruciale si è spostata: la discussione più infuocata, che vede tra gli oppositori anche chi magari appoggia la causa delle “nozze gay” e del transessualismo, è sulla questione della “identità di genere”. Argomento numericamente piccolissimo, riguardando una percentuale irrisoria della popolazione, ma che accende gli animi e sul quale la comunità LGBTQ+ non sembra voler cedere.

Un articolo pubblicato un paio di anni sul giornale inglese The Spectator a firma di J.Kirkup svela come una piccola ma agguerrita e potente Lobby Trans è riuscita nella sua strategia comunicativa ad ottenere grandi successi senza quasi farsi notare.

Ecco il documento che rivela la tattica  della lobby trans

“Una gran parte del dibattito sui transgender inspiegabile. Uno degli aspetti più sconcertanti è la rapidità e il successo con cui un piccolo numero di piccole associazioni ha conquistato una grande influenza su enti pubblici, politica e amministratori. Come ha fatto questa determinata idea a prendere piede in così tanti luoghi così rapidamente?

Persone e organizzazioni che all’inizio di questo decennio non avevano una idee chiare a livello politico o magari nemmeno la minima conoscenza delle questioni trans, oggi abbracciano con entusiasmo temi come le identità di genere non binarie e le transizioni, fornendo servizi igienici “neutri” e mettendo in essere altri cambiamenti richiesti per soddisfare le persone trans e i loro interessi. Cambiamenti che hanno sorpreso molte persone. Persone che ora si chiedono come sia potuto succedere e perché nessuno abbia chiesto loro che cosa ne pensassero o abbia valutato come quelle novità avrebbero potuto riguardarli.

Alcuni degli enti che hanno adottato questi cambiamenti con il massimo zelo sono sorprendenti: le Forze dell’Ordine non sono note per essere particolarmente progressiste, eppure molte di loro sono ormai all’avanguardia in questo campo, al punto di controllare come usiamo i pronomi e perseguitare anziane signore che dicono la cosa sbagliata su Twitter.

Come siamo arrivati a questo punto? Difficile pensare che si tratti semplicemente di enti che si adeguano a una società che cambia. In realtà la società civile non sa ancora molto del transgenderismo. Chi lavora nel centro di Londra in determinati settori, chi vive in una città universitaria o ha figli che frequentano una scuola (preferibilmente della classe media superiore) può magari averne qualche conoscenza diretta. Ma scommetto che la maggior parte delle persone non conosce persone trans e non si è fatta nessuna opinione su come dovrebbe cambiare la legislazione che riguarda il loro status.

Quindi torna la domanda: come hanno fatto organizzazioni con budget ridotti e risorse limitate a ottenere un successo così impressionante, non solo nel Regno Unito ma ovunque?

Bene, grazie al sito Roll On Friday ora ho visto un documento che aiuta a rispondere a questa domanda.

Il documento (lo vedete qui) è un lavoro di Dentons, che afferma di essere il più grande studio legale del mondo, della Thomson Reuters Foundation, ramo dello storico gigante dei media dedicato in particolare alle politiche dell’identità di vario tipo e della IGLYO – International Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer and Intersex Youth & Student Organisation (organizzazione internazionale di giovani e studenti per lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali). Sia lo studio Dentons sia la Thomson Reuters Foundation precisano che il documento non necessariamente riflette le loro opinioni.

Il documento si chiama ‘Solo adulti? Buone pratiche nel riconoscimento legale del genere per i giovani’. Il suo scopo è aiutare i gruppi trans nei vari Paesi a introdurre cambiamenti nella legislazione per consentire ai bambini di cambiare legalmente il loro genere, senza il consenso degli adulti né di alcuna istituzione. “Ci auguriamo che questo documento sia uno strumento potente per attivisti e ONG che lavorano per promuovere i diritti dei giovani trans in Europa e altrove”, si legge nell’introduzione.

Come ci si può aspettare da un documento scritto con lo staff di un grande studio legale, si tratta di un testo completo e vaido, che riassume leggi, politiche e enti di supporto di diversi paesi. Basandosi sui contributi di gruppi trans di tutto il mondo (tra cui due nel Regno Unito, di cui uno non viene nominato) raccoglie e condivide le “migliori pratiche”di “lobbismo” per cambiare la legge in modo che i genitori non abbiano più voce in capitolo sul genere legale dei figli.

Citando le parole della testo:

“È risaputo che il requisito del consenso dei genitori o di un tutore legale può essere limitativo e problematico per i minori”.

Si potrebbe pensare che il compito stesso della genitorialità sia, almeno n parte, quello di “limitare” le scelte dei bambini che, per definizione, non possono fare per loro stessi scelte come fanno adulti pienamente informati. Ma non è questa la posizione della relazione. Di fatto si suggerisce che “gli Stati dovrebbero agire contro i genitori che cercano di ostacolare il libero sviluppo dell’identità di una giovane persona transgender rifiutando di concedere l’autorizzazione quando richiesta”. In breve si tratta di manuale per gruppi lobbistici che vogliano eliminare la necessità del consenso dei genitori su aspetti significativi della vita dei bambini, manuale scritto da uno studio legale internazionale e sostenuto da una delle più grandi fondazioni di beneficenza del mondo.

E come si suggerisce di realizzare il cambiamento legale? 

Penso valga la pena di fare lunghe citazioni, perché questa è la prima volta che viene effettivamente messo per iscritto in un dibattito pubblico. E chiunque abbia interesse a come si costruisce e come funziona una strategia politica dovrebbe prestarvi attenzione. 

Ecco un ampio stralcio dal rapporto sul modo migliore per attuare un’agenda pro-trans:

Mentre i fattori culturali e politici giocano un ruolo chiave nell’approccio da adottare, ci sono alcune tecniche che si sono dimostrate efficaci nel far avanzare i diritti trans nei paesi che adottano “buone pratiche”.” 

Tra queste tecniche: “anticipare i programmi dei Governi”.

Cosa significa? Ecco in maggior dettaglio:

“In molte delle campagne di sensibilizzazione delle ONG che abbiamo considerato ci sono stati chiari vantaggi nel fatto che le ONG siano riuscite ad anticipare il governo e a pubblicare proposte legislative progressiste prima che il governo avesse il tempo di sviluppare la propria. Le ONG devono intervenire precocemente nel processo legislativo, prima ancora che sia iniziato. Questo darà loro una capacità di gran lunga maggiore di plasmare l’agenda del governo e la proposta definitiva di quanto succederebbe se intervenissero dopo che il governo ha già iniziato a sviluppare proposte proprie”.

Suonerà familiare a chiunque sappia che il rapporto del comitato ristretto della Camera dei Comuni nel 2016, che mutuava diverse posizioni dei gruppi trans, è stato seguito nel 2017 da un piano del governo del Regno Unito per adottare l’autoidentificazione del genere legale (self-id). A molti quella proposta, uscita da Whitehall in modo piuttosto dettagliato, sarà sembrata spuntata dal nulla di punto in bianco.

Ecco un altro suggerimento dal documento: “Collega la tua campagna a una riforma più popolare”. Per esempio: 

“In Irlanda, Danimarca e Norvegia, le modifiche alla legge sul riconoscimento legale del genere sono state introdotte contemporaneamente ad altre riforme più popolari come la legislazione sul matrimonio egualitario. Questo ha fornito un velo di protezione, in particolare in Irlanda dove il matrimonio egualitario era fortemente sostenuto mentre l’identità di genere era un tema difficile per ottenere lo stesso sostegno pubblico”.

Si trattava di una questione per cui era “difficile ottenere il sostegno pubblico”, quindi meglio nasconderla dietro il “velo di protezione” fornito da una questione popolare come i diritti degli omosessuali. Chiunque abbia anche solo dato un’occhiata al dibattito sui transgender nel Regno Unito riconoscerà questa logica.

Un’altra raccomandazione è ancora più rivelatrice: “Evitate un’eccessiva copertura e pubblicità da parte della stampa”. Secondo il rapporto, i Paesi che si sono mossi più rapidamente per promuovere i diritti trans ed eliminare il consenso dei genitori sono stati quelli in cui i gruppi di pressione sono riusciti a impedire ad un pubblico più ampio di conoscere le loro proposte. Al contrario, in posti come la Gran Bretagna dove maggiore è stata la “visibilità” del programma, minore è stato il successo delle attività di lobbying:

Un’altra tecnica utilizzata con grande effetto è la limitazione della copertura e della pubblicità da parte della stampa. In alcuni paesi, come il Regno Unito, le informazioni sulle riforme legali del riconoscimento di genere sono state interpretate erroneamente dai media principali e di conseguenza è sorta l’opposizione.… In questo contesto, molti credono che le campagne pubbliche siano state dannose per il progresso poiché gran parte del pubblico in generale non è ben informato sulle questioni trans, e quindi possono sorgere interpretazioni errate. In Irlanda, gli attivisti hanno esercitato pressioni dirette sui singoli politici e hanno cercato di ridurre al minimo la copertura mediatica per evitare questo problema” (il grassetto è nostro).

Sebbene offra ampi consigli sulla necessità di tenere l’agenda dei diritti trans lontana dallo sguardo della pubblica opinione, il documento ha molto meno da dire sulla possibilità che i sostenitori provino semplicemente a fare ciò che fanno tutti gli altri in politica e costruire argomentazione persuasive per la loro causa. In realtà convincere le persone che questa roba sia una buona idea non la si trova granché nel rapporto di 65 pagine.

Non ho intenzione di dirvi cosa penso del documento o dell’agenda che propone. Non ho intenzione di fare commenti sullo stesso o sui suoi autori. Cercherò solo di riassumere la sua natura e i suoi contenuti.

Quindi un importante studio legale internazionale ha contribuito a scrivere un manuale di lobbying per le persone che vogliono cambiare la legge in modo da evitare che i genitori abbiano l’ultima parola su cambiamenti significativi sulla condizione dei propri figli. Questo manuale consiglia a coloro che fanno pressioni per quel cambiamento di nascondere i loro piani dietro un “velo” e di assicurarsi che né i media né il grande pubblico sappiano granché di cambiamenti che riguardano i bambini che si stanno cercando di ottenere. Perché se il pubblico venisse a conoscenza di questi cambiamenti potrebbe avere da obiettare.

Ho iniziato il mio primo lavoro come ricercatore alla Camera dei Comuni nel 1994. Da allora ho studiato e scritto di politica. E in base alla mia esperienza del modo in cui le leggi vengono cambiate, l’approccio descritto in quella relazione semplicemente non è normale o usuale. In democrazia siamo tutti liberi di sostenere qualunque politica o posizione desideriamo. Ma normalmente chiunque voglia cambiare una legge accetta che per farlo sia necessario ottenere il sostegno o almeno il consenso del popolo la cui autorità, in ultima istanza, fine dà forza alla legge. L’approccio delineato nel rapporto Dentons equivale a un modo molto diverso di fare pressioni per ottenere le leggi e le politiche desiderate. In particolare indica che in diversi Paesi si sono ottenuti buoni successi facendo pressioni nascondendosi dietro un “velo”, in un modo da evitare  deliberatamente l’attenzione dell’opinione pubblica. Penso che questo dovrebbe interessare a chiunque si preoccupi di come vengono condotte le politiche, indipendentemente dal fatto che si tratti o meno della questione transgender.

Concluderò con un’osservazione che ho già fatto ma che credo valga la pena di ripetere riguardo a quel rapporto e a quello che potrebbe comunicare alle gente anche su altri aspetti della questione trans: nessuna politica fatta nell’ombra può sopravvivere alla luce del sole.

James Kirkup (direttore della Social Market Foundation ed ex-redattore politico di The Scotsman e The Daily Telegraph)