Progetto “Differenza di genere” nelle scuole statali di Bologna: un genitore non ci sta e parte la battaglia

di Mirko De Carli, per La Croce quotidiano

Chi ci racconta il fatto è un genitore di un alunno del Liceo Galvani di Bologna. Alcune classi dello stesso istituto hanno ricevuto una circolare recante un calendario di incontri (che partiranno il 30 marzo prossimo) relativi a un progetto denominato ‘Differenza di genere’. Per presentare l’iniziativa (che avrà una durata di circa un mese e mezzo) è stato predisposto e messo a disposizione di famiglie ed alunni un documento illustrativo stilato dalla associazione ‘Cassero Gruppo Scuola Arcigay’. Le finalità descritte sono le seguenti: fornire giuste informazioni relative all’orientamento sessuale, l’identità di genere ed i ruoli di genere. In poche parole: insegnamento ‘a tappeto’ dell’ideologia gender nelle scuole dello stato. Rispetto a questa azione promossa dal Liceo Galvani non vi è stato alcuna informativa precedente nei confronti dei genitori e non è stato nemmeno richiesto alcun consenso preventivo, prevedendo eventualmente attività alternative nel caso l’alunno non volesse partecipare al progetto ‘Differenza di genere’. Per questo, da parte di un genitore coraggioso, si è aperta un’azione volta a indirizzare una lettera direttamente alla dirigente scolastica recante come oggetto il ‘consenso informato’ delle famiglie: scopo di tale informativa è quello di far sì che la dirigente dell’istituto si attivi per fornire ai genitori tutte le notizie utili per fare una valutazione corretta del progetto rivolto ai propri figli. Ma su che elementi viene interpellata la scuola? Per prima cosa vengono richieste precise informazioni relativamente ai contenuti culturali o educativi che si ha intenzione di somministrare ai propri figli e poi indicazioni in merito alle azioni che l’istituto intende adottare per il rispetto del primario diritto all’educazione dei figli anche nel rispetto del rispetto delle diverse convinzioni religiose e/o etiche. Sopratutto risulta evidente la richiesta di un esplicito consenso da parte dei genitori i quali, nel caso non fossero d’accordo sull’effettiva partecipazione dei propri figli al progetto, dovrebbero aver garantita la possibilità di esonero del figlio dall’attività sopra detta (essendo ore non curriculari) e la possibilità di frequentare un’attività scolastica alternativa. Questa azione nata dall’amore per i propri figli dimostra che occorre oggi essere sempre più presenti nel loro percorso educativo: soprattutto in tempi come quelli attuali dove le giovani generazioni stanno diventando sempre oggetto e non soggetto della società. E, visto i riscontri ottenuti dentro e fuori l’istituto scolastico, conferma l’importanza di affrontare queste situazioni con l’audacia delle nostre ragioni, consapevoli che ci sono tanti altri pronti a lottare con noi. Pensare che nelle scuole italiane, a macchia di leopardo sempre più sistematica e strutturata, cominciano a radicarsi esperienze di educazione gender favorita e sostenuta anche dalla dirigenza scolastica, dimostra quanto pericolosa possa diventare l’approvazione del ddl Cirinna’. In un paese in cui la prassi diventa norma di costume, una norma diventa di fatto immutabile. E se poi parliamo di una norma che legalizza una dei frutti più deliranti dell’ideologia gender qual’e’ l’utero in affitto, capiamo l’urgenza e l’importanza del ruolo delle famiglie come presidio attivo nelle scuole per bloccare azioni come quella del Liceo Galvani di Bologna.

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LA LOBBY LGBT CHIEDE ALTRI 10 MILIONI PER TORNARE NELLE SCUOLE

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Guai se il Governo rilanciasse laStrategia Nazionale Lgbt nelle scuole dei nostri figli per altri tre anni, ha già fatto abbastanza danni negli ultimi tre”. Lo afferma Filippo Savarese, portavoce dell’associazione pro-family La Manif Pour Tous Italia, dopo la proposta del movimento gay di rifinanziare fino al 2018 corsi e progetti sull’orientamento sessuale e l’identità di genere nelle scuole italiane.

La Strategia Nazionale Lgbt è un piano di interventi stilato nel 2013 da ventinove associazioni del movimento gay,finanziato con 10 milioni di euro per tre anni e adottato dal Ministero dell’Istruzione per introdurre nelle scuole progetti “contro la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere”.

“Secondo le statistiche – afferma Savarese – gli studenti che ogni anno riferiscono di aver subito discriminazioni per il loro orientamento sessuale sono circa il 4%. Un singolo caso è ovviamente già troppo, ma in realtà il movimento gay approfitta della presenza di alunni e studenti per propagandare la sua agenda politica su matrimonio, adozione e procreazione artificiale, che non c’entrano niente con l’omofobia. In questi tre anni le scuole sono diventate veri campi di rieducazione sessuale mentre le famiglievenivano tenute del tutto all’oscuro di queste attività”.

“Alle 17mila firme raccolte per il rilancio della Strategia Lgbt – conclude Savarese – noi rispondiamo con le 70.000 contro l’ideologia gender nelle scuole raccolte sul sito CitizenGo”.

Fonte: http://www.lamanifpourtous.it/sitehome/in-evidenza/la-lobby-lgbt-chiede-altri-10-milioni-per-tornare-nelle-scuole/
LA MANIF POUR TOUS ITALIA

L’ASSOCIAZIONISMO SI SCHIERA CON LE BANCHE POPOLARI

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di Mirko De Carli, La Croce Quotidiano 26 marzo 2015

Viviamo una delle crisi finanziarie più drammatiche dagli anni settanta, con livelli di disoccupazione (soprattutto giovanile) imponenti e imprenditori disperati che arrivano a togliersi al vita.
Un altro dato risulta preoccupante: come più volte abbiamo ripetuto, i tassi di natalità evidenziati dall’ISTAT dicono di un paese che non fa più figli e vede un veloce invecchiamento della popolazione italiana.
Risulta quindi decisivo sostenere l’economia reale, attraverso azioni forti a favore del mondo mutualistico legato al territorio (banche cooperative in primis), riducendo al contempo lo strapotere di una erta finanza speculativa. In tante altre realtà europee e non solo (anzitutto Asia ed Africa) si attivano normative a sostegno delle banche territoriali per contrastare la recessione: si parte quindi dal rapporto fiduciario tra cliente e istituto bancario su cui si fonda da sempre lo spirito delle banche popolari.
Un sistema che vedeva, in Italia, tutti gli utili bancari non destinati alla gestione organizzativa realmente “riversati” a sostegno delle piccole e medie imprese e delle famiglie. Questa diversità la trovavamo fino all’altro ieri definita all’art. 30 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia dove veniva descritto il voto capitario e il tetto al possesso azionario.
Ma cosa significava tutto questo? Il voto capitario traduceva in legge il principio di “una testa, un voto”, garantito ulteriormente dal limite al possesso azionario e alle deleghe al voto che possono essere raccolte dai singoli soci nel corso delle assemblee. Cambiare tutto questo significa stravolgere la natura stessa delle banche popolari, favorendo le stesse ad orientare i proprio flussi finanziari non più verso la collettività e i territori ma verso operazioni finanziarie (tipiche delle banche commerciali multinazionali).
Così facendo le banche popolari vengono conformate alle banche capitalistiche.
Per questo motivo, di fronte alla scelta del governo di procedere con la decretazione d’urgenza per attuare le modifiche sopra descritte, sono scese in campo diverse associazioni del mondo cattolico, tra cui Azione Cattolica Italiana, Fondazione per la Sussidiarietà, Acli e tante altre: si sono spese pubblicamente per dichiarare la propria contrarietà alla decretazione d’urgenza (in quanto non si sono ravvisati requisiti di necessità e di urgenza previsti dalla Costituzione) ma soprattutto per evidenziare gli effetti negativi per le famiglie e le piccole e medie imprese italiane.
Si tratta di uno stravolgimento dello storico mutualismo e senso di appartenenza territoriale tipico della cooperazione bancaria che ha sostenuto negli anni la crescita del nostro paese.
Dopo l’esito positivo, per il governo, del voto sulle pregiudiziali di costituzionalità presentate al Senato (voto concluso 14 a 13) si è provveduto l’altro ieri alla conversione in legge del provvedimento (155 voti favorevoli, 92 contrari) vista l’improrogabile scadenza del 25 marzo per la conversione stessa.
Molti economisti avvertono ora scenari di possibile incostituzionalità del provvedimento in quanto un socio di una banca popolare, una volta entrata a regime la normativa, potrebbe decidere di far ricorso alla Corte Costituzionale.
In tal senso già diversi e importanti giuristi dichiarano che il testo è in contrasto con la Costituzione italiana, la quale riconosce la “funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità”.
Nel momento in cui il decreto verrà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale saranno poi necessarie le norme attuative che saranno a carico della Banca d’Italia: da quel momento “partiranno” i diciotto mesi entro cui le banche popolari con assetti finanziari superiori a 8 miliardi di euro dovranno, di fatto, trasformarsi in società per azioni. La partita passa dal parlamento al paese reale. O forse direttamente ai giudici della corte costituzionale.

CONVIVENZE

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Questo capitolo prende in esame le varie eventualità che possono presentarsi durante una convivenza e al momento della sua cessazione.

Che cosa è «la famiglia anagrafica»?
È un insieme di persone che sono legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela, o da vincoli affettivi, che convivono nella stessa casa e hanno la residenza nello stesso Comune.

• Da dove risulta la composizione della famiglia anagrafica?
Dal certificato di stato di famiglia rilasciato dall’ufficio dell’anagrafe.

• Che cosa si intende per «convivenza anagrafica»?
Un insieme di persone che normalmente coabitano per motivi che possono essere religiosi, di cura, di assistenza, militari, di studio, di pena o simili (es. conventi, case di cura, caserme, collegi, penitenziari), aventi dimora abituale nello stesso Comune.

• Se due persone decidono di convivere senza sposarsi, la loro situazione è disciplinata dalla legge?
No.

• Vi sono casi particolari in cui una coppia convivente ha gli stessi diritti di una coppia sposata?
Sì. Ha diritto di accesso ai Consultori familiari. In caso di maltrattamenti di un convivente nei confronti dell’altro si ha il reato di maltrattamenti in famiglia (vedere capitolo Violenza, maltrattamenti e abusi). Se uno dei conviventi sconta una pena detentiva, rispetto ai colloqui e ai permessi vale la regolamentazione prevista per le persone sposate.

• Convivere con qualcuno può influire sui rapporti con il coniuge da cui si è separati o divorziati?
Sì; pur essendo un rapporto dal quale non derivano diritti e doveri a livello giuridico, la convivenza può incidere sulla regolamentazione economica tra due coniugi separati o divorziati.
Ad esempio chi convive con una persona e percepisce un assegno di mantenimento può perdere questo diritto, se la persona con cui convive provvede al suo mantenimento.

• Quali sono i diritti di un convivente che collabora nell’impresa dell’altro?
Nessuno. È perciò opportuno premunirsi di un regolare contratto di società o di lavoro dipendente.

• Quando la convivenza termina, il convivente in stato di bisogno ha diritto ad un sostegno economico da parte dell’altro?
No, neanche se la convivenza è durata a lungo.

• Se dalla convivenza sono nati figli e questi sono ancora minorenni, come è regolato il loro affidamento e il loro mantenimento quando i genitori cessano di convivere?
L’affidamento all’uno o all’altro genitore è stabilito in base al criterio dell’interesse del minore, come per i figli legittimi in caso di separazione.
Se vi è disaccordo, l’affidamento è deciso dal Tribunale per i Minorenni. Anche dopo la cessazione della convivenza il genitore ha l’obbligo di mantenere e assistere il figlio che conviva con l’altro genitore.

• Quale dei conviventi ha diritto di restare nell’abitazione quando la convivenza cessa?
Il proprietario e l’intestatario del contratto d’affitto, salva ovviamente la possibilità di diverso accordo tra le parti. Tuttavia non è lecito «cacciare» l’altro convivente da casa: ogni contrasto dovrà essere risolto dal Giudice.

• E se i conviventi hanno figli?
Quando i genitori si lasciano, il genitore che ha l’affidamento di un figlio minorenne (o maggiorenne, ma non ancora autosufficiente) ha diritto di chiedere l’assegnazione della casa, anche se non è proprietario dell’immobile e anche se non è il titolare del contratto di locazione. Occorre rivolgersi al Tribunale per i minorenni per ottenere l’affidamento e al Tribunale ordinario per ottenere l’assegnazione della casa e gli altri provvedimenti economici.

• Se la convivenza cessa e il convivente titolare del contratto di locazione se ne va, l’altro convivente ha diritto a che il contratto sia intestato a suo nome?
Sì, se vi sono figli minori a lui affidati.

• Che cosa accade se uno dei conviventi muore?
Il convivente superstite non ha diritto all’eredità né alla pensione di riversibilità.

• Che cosa accade se uno dei conviventi muore e l’appartamento era di sua proprietà?
L’appartamento spetta agli eredi legittimi del defunto.
Il convivente superstite potrà continuare ad abitarlo soltanto se l’altro ne aveva disposto con testamento in suo favore.

• Che cosa accade se uno dei conviventi muore e la casa era in locazione?
Il convivente superstite ha diritto di subentrare nel contratto di locazione

• C’è qualche modo per tutelare il futuro della coppia convivente?
Si possono regolare, con scrittura privata, i diritti e i doveri reciproci, personali, economici e patrimoniali, prevedendo anche l’ipotesi di cessazione della convivenza. Ciascun convivente può anche lasciare beni in eredità all’altro, sempre nel rispetto delle quote che spettano agli eredi legittimi. Si può inoltre stipulare il contratto di locazione a nome di entrambi i conviventi.

Fonte: www.palazzochigi.it

“MATRIMONIO” OMOSESSUALE È REGRESSO ANTROPOLOGICO

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«Sappiamo che durante alcuni cambiamenti epocali il fenomeno dell’omosessualità registrava una crescita. Ma nella nostra epoca è la prima volta che si pone il problema giuridico di assimilarla al matrimonio, cosa che giudico un disvalore e un regresso antropologico. Uso queste parole perché il tema trascende la questione religiosa, è prettamente antropologico. Di fronte a un’unione privata, non c’è un terzo o una società danneggiati. Se invece le si attribuisce la categoria di matrimonio e le si dà accesso all’adozione, ciò implica il rischio di danneggiare dei bambini. Ogni individuo ha bisogno di un padre maschio e una madre femmina che lo aiutino a plasmare la propria identità… Insisto, la nostra opinione sul matrimonio fra persone dello stesso sesso non ha un fondamento religioso, ma antropologico. Quando Mauricio Macri, sindaco di Buenos Aires, non è ricorso in appello contro la sentenza pronunciata da un giudice di prima istanza che autorizzava le nozze omosessuali, sentii che dovevo dire qualcosa, per dare un orientamento, e mi vidi obbligato a esprimere la mia opinione. È stata la prima volta in diciotto anni da vescovo che ho richiamato l’attenzione di un pubblico funzionario»

(Card. Jorge Mario Bergoglio, cit. in A.M. Margheriti, n° 35 La Croce)

GENDER SBAGLIO DELLA MENTE

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Tratto dalla Prolusione del card.Bagnasco al Consiglio Permanente CEI
(….)

“L’attenzione al mondo della cultura e della scuola – compresa la formazione professionale – è promettente: è in gioco la libertà di educazione dei genitori per i loro figli. Non è una cortesia concessa a qualcuno, ma è un diritto dei genitori: diritto fondamentale che – unico caso in Europa – in Italia è stato affermato a parole, ma negato nei fatti da troppo tempo. A proposito di cultura, non possiamo non dar voce anche alla preoccupazione di moltissimi genitori, e non solo, per la dilagante colonizzazione da parte della cosiddettateoria del “gender”, “sbaglio della mente umana”, come ha detto il Papa a Napoli sabato scorso. Il gender si nasconde dietro a valori veri come parità, equità, autonomia, lotta al bullismo e alla violenza, promozione, non discriminazione… ma, in realtà, pone la scure alla radice stessa dell’umano per edificare un “transumano” in cui l’uomo appare come un nomade privo di meta e a corto di identità. La categoria “Queer Theory”, nata negli Stati Uniti, combatte contro il normale, il legittimo, e ingloba tutte le soggettività fluide: non si riferisce a nulla in particolare, si presenta paradossalmente come “un’identità senza essenza”. Sembra di parlare di cose astratte e lontane, mentre invece sono vicinissime e concrete: costruire delle persone fluide che pretendano che ogni loro desiderio si trasformi in bisogno, e quindi diventi diritto. Individui fluidi per una società fluida e debole. Una manipolazione da laboratorio, dove inventori e manipolatori fanno parte di quella “governance mondiale” che va oltre i governi eletti, e che spesso rimanda ad Organizzazioni non governative che, come tali, non esprimono nessuna volontà popolare! Vogliamo questo per i nostri bambini, ragazzi, giovani? Genitori che ascoltate, volete questo per i vostri figli? Che a scuola – fin dall’infanzia – ascoltino e imparino queste cose, così come avviene in altri Paesi d’Europa? Reagire è doveroso e possibile, basta essere vigili, senza lasciarsi intimidire da nessuno, perché il diritto di educare i figli nessuna autorità scolastica, legge o istituzione politica può pretendere di usurparlo. È necessario un risveglio della coscienza individuale e collettiva, della ragione dal sonno indotto a cui è stata via via costretta. Sappiate, genitori, che noi Pastori vi siamo e vi saremo sempre vicini.”

Fonte: http://www.cristianocattolico.it/catechesi/documenti-catechesi/consiglio-permanente-roma-23-25-marzo-2015-prolusione-del-cardinale-presidente.html

ROBERT OSCAR LOPEZ, BISESSUALE CRESCIUTO CON DUE LESBICHE: “NO AL MATRIMONIO OMOSESSUALE”

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Bisessuale, cresciuto con due lesbiche, 40 anni nel mondo Lgbt: “No al matrimonio omosessuale”

di Benedetta Frigerio

«Dobbiamo frenare questa corsa»; «i bambini non possono diventare proprietà degli adulti»; «abbiamo sentito tante campane, ma mai quelle dei diretti interessati a cui non viene data voce». Sono le parole di Robert Oscar Lopez, professore presso la California State University, che lo scorso 12 marzo ha dato testimonianza davanti al Parlamento del Minnesota chiamato a legiferare sul matrimonio omosessuale. L’uomo, cresciuto dalla madre lesbica con la sua campagna, è intervenuto il mese scorso raccontando la sua esperienza sul Public Discourse, il giornale online del centro di ricerca The Witherspoon Institute dell’Università di Princeton.

«MI MANCAVA UN GENITORE». Spiegando di essere bisessuale, il professore ha dichiarato: «I bambini sentono potentemente la mancanza di un padre o di una madre» e «provano una grande frustrazione, perché non sono in grado di fermare chi decide di privarli del padre o della madre».
Cresciuto nella comunità Lgbt da quando aveva due anni, Lopez ha spiegato perché la sua voce non è bastata a frenare la legge sulle nozze gay in Minnesota: «Nel corso dell’ultimo anno sono stato di frequente in contatto con adulti cresciuti da genitori dello stesso sesso. Sono terrorizzati dall’idea di parlare pubblicamente dei loro sentimenti, così molti mi hanno chiesto (dato che io sono già uscito allo scoperto, per così dire) di dare voce alle loro preoccupazioni». Lopez, parlando della conflittualità che si vive tra l’attaccamento ai genitori e le ferite da questi provocate, ha aggiunto di voler parlare soprattutto per «conto di coloro che sono stati messi da parte dalla cosiddetta “ricerca sociale” sulla genitorialità omosessuale».
Quelli che hanno contattato il professore si sono sentiti in dovere «di ribadire di amare i propri cari», ma poi «si sentono scollegati dagli aspetti legati al sesso delle persone intorno a loro, con una certa frequenza provano rabbia verso i loro “genitori” per averli privati del genitore biologico (o, in alcuni casi, di entrambi i genitori biologici), rimpiangono di non aver avuto un modello del sesso opposto, e provano vergogna o senso di colpa per il fatto di sentire un risentimento verso i propri genitori».
Secondo il professore la legge sul matrimonio omosessuale è pericolosa: «Incoraggiare le coppie dello stesso sesso a pensare che la loro unione non sia distinguibile dal matrimonio» è dire «una menzogna, e tutto ciò che si fonda sulla menzogna ci si ritorcerà contro».

L’AMORE SURROGATO. «Dopo aver trascorso quarant’anni dentro nella comunità gay – ha proseguito -, ho visto come questa realtà produca odio e recriminazione viziosa». Le coppie dello stesso sesso, infatti, spesso parlerebbero male di quelle eterosessuali per giustificare le adozioni. «Ma – ha continuato il professore – io sono qui per dire di no: avere una mamma e un papà è un valore prezioso in sé, non qualcosa che può essere ignorato, anche se una coppia gay ha un sacco di soldi, anche se può iscrivere un ragazzino alle migliori scuole».
Sarebbe poi «inquietante e classista la posizione dei gay che pensano di poter amare senza riserve i loro figli dopo aver trattato la madre surrogata come un incubatore, o delle lesbiche che credono di amare i propri figli incondizionatamente dopo aver trattato il loro padre-donatore di sperma come un tubetto di dentifricio».
Lopez ha denunciato le autorità che, anziché proteggere il diritto degli orfani ad avere una madre e un padre, si preoccupano di rispondere alla domanda del mercato degli omosessuali che vogliono figli: «Qualunque sia il trauma causato ai bambini dall’essere orfani non dovrebbe essere aggravato dallo stress di essere adottati da una coppia dello stesso sesso». Per il professore neppure il genitore biologico divorziato avrebbe il diritto di allevare il proprio figlio con una persona dello steso sesso lasciando da parte il genitore biologico: «I bambini di solito vogliono che la loro mamma e il papà smettano di litigare, mettano da parte le loro differenze, e stiano insieme, anche se uno di loro è gay».

I FIGLI “OMOFOBI”. Lopez ha citato anche la fecondazione, il divorzio, il commercio delle adozioni, per dire che «i bambini gettati nel bel mezzo di questi pericoli morali sono ben consapevoli della responsabilità dei loro genitori nel dare loro una vita stressante ed emotivamente complicata», mettendoli persino «nella non invidiabile posizione di essere chiamati “omofobi” se semplicemente soffrono per lo stress che i genitori hanno loro imposto».
Sfortunatamente, però, il movimento Lgbt «ha deciso che la sua convalida da parte di altri richiede una ridefinizione del “matrimonio” inclusiva delle coppie dello stesso sesso. Così eccoci qui, bloccati a imporre una vita problematica ai bambini». Perché purtroppo, conclude Lopez, «suppongo di non contare. Non sono un medico, un giudice o un commentatore televisivo, solo un ragazzo che ha dovuto ripulire il casino lasciato dalla rivoluzione sessuale».

Fonte: http://www.tempi.it/bisessuale-cresciuto-con-due-lesbiche-40-anni-nel-mondo-lgbt-no-al-matrimonio-omosessuale#.Ug_ChpK-1FA

“NON CREDO CHE UNA RELAZIONE OMOSESSUALE POSSA ESSERE DEFINITA COME AMORE”

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Alla vigilia della presentazione del suo libro a Roma, Philippe Ariño, racconta la sua esperienza personale di gay che ha scelto di vivere in castità. Ed esprime qualche riserva sulle dichiarazioni di Dolce & Gabbana…

Roma, 21 Marzo 2015 

Potrebbero sembrare coraggiose le parole di Dolce & Gabbana, tuttavia non sono completamente rappresentative della realtà sull’“amore omosessuale”, né esprimono alcuna opinione sul matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ad affermarlo è Philippe Ariño, divenuto in Francia e anche altrove, un simbolo dell’omosessualità “controcorrente”.

Nel corso del suo ‘tour’ romano, che domani pomeriggio lo porterà alla Sala Baldini, per la presentazione del suo libro, Ariño ha spiegato a ZENIT come la sua fede cattolica l’abbia indotto a scegliere la castità e ad essere comunque felice. Precisando, però, che l’illiceità del matrimonio omosessuale è già comprensibile anche con la sola ragione.

Philippe, domani, 22 marzo, avremo il piacere di averti a Roma per la presentazione del tuo libro Omosessualità controcorrente che in Francia ha già venduto più di 10.000 copie. In questo libro analizzi con lucidità cosa vuol dire essere una persona che ha inclinazioni verso persone dello stesso sesso e concludi che l’interpretazione più corretta che è stata data a questa realtà è quella della Chiesa Cattolica.

La scorsa settimana è stata pubblicata su vari giornali l’intervista rilasciata da Stefano Gabbana e Domenico Dolce: sono sicuro che durante la tua presentazione a Roma si finirà per parlare di questo argomento.

I due stilisti non hanno parlato espressamente di omosessualità ma hanno pronunciato una chiara difesa della famiglia, quella costituita da un padre, una madre e dai bambini generati dalla loro unione.

“Procreare deve essere un atto d’amore”, hanno detto. Sei d’accordo con la loro dichiarazione che è chiaramente contro tutte le forme di “generazione artificiale”, come la fecondazione eterologa e l’utero in affitto?

Si può pensare che sia stato molto coraggioso da parte di Dolce e Gabbana dire una verità mediaticamente impopolare. A mio avviso, però, la cosa più importante non è solo dichiarare cose giuste ma anche viverle, metterle in pratica e arrivare fino alle ultime conseguenze delle verità dette. In caso contrario c’è il rischio di contraddirsi. I due stilisti, nella loro intervista, hanno evitato di parlare di omosessualità, mentre è proprio a nome della comunità omosessuale che in Francia è stato richiesto il “matrimonio gay”. Essi finiscono per difendere quest’ultimo in modo implicito, anche se coraggiosamente ne denunciano alcune gravi conseguenze. Infatti questa critica parziale al “matrimonio gay” si limita ad affrontare una sola dimensione del problema – la filiazione – che oltretutto è quella più lontana, secondaria, opzionale e improbabile secondo lo spirito dei militanti LGBT che vedono il matrimonio soprattutto come un problema di coppia, di amore a due, scollegata da qualsiasi tematica familiare. Come credere a due ex-amanti che dichiarano che la differenza fra i sessi è l’unica che può costituire una famiglia, quando poi si contraddicono nella loro realtà di coppia? Comprendo il sarcasmo e lo scetticismo del resto della comunità omosessuale!

Dalle tue parole mi sembra di poter concludere che a tuo avviso una coppia omosessuale non può costituire una famiglia, non solo perché in questo modo infrange dei diritti inviolabili dei bambini, ma perché c’è una ragione più profonda che rende l’amore omosessuale differente dall’amore fra un uomo e una donna…

Innanzitutto, non credo che una relazione omosessuale possa essere definita come “amore”. Nella mia conferenza a Roma spiegherò meglio perché dico questo e anche perché, nonostante le apparenze, il mio non è un giudizio severo. Il vero amore accoglie la differenza, in particolare la differenza tra i sessi. Diversamente, non è degno di essere chiamato “amore”, per non parlare di “sessualità”. Poi, non credo che sia solo la violazione dei diritti di una giusta filiazione che squalifica le coppie gay e impedisce loro di essere genitori. Il diritto o la legge non ha il potere di cambiare la realtà o la natura. L’amore – e la generazione umana, che può derivarne – è soprattutto una questione di corpi sessuati, di differenza fra i sessi, coronata dall’amore. Vuol dire anche accettare liberamente quelle differenze con cui siamo stati formati.

Dolce e Gabbana hanno detto che la famiglia esprime un senso di “appartenenza soprannaturale” (Panorama, 18 marzo 2015): è stato un modo per sottolineare che la famiglia non è stata certo inventata dalla società ma che essa ha una missione specifica che le è stata attribuita fin dal momento della Creazione. Se sei d’accordo con questa visione, cosa suggerisci a una persona che ha tendenze omosessuali e che vuole essere fedele alla fede cattolica? Come dovrebbe organizzare la propria vita?

Anche se sono un cattolico praticante, non mi piace questa giustificazione delle differenza dei sessi e della famiglia attraverso riferimenti alla fede o alla Bibbia. Abbiamo già abbastanza prove concrete, razionali, laiche, per dimostrare la gravità degli atti omosessuali e del “matrimonio tra persone dello stesso sesso”, senza dover ricorrere alla trascendenza. Nel mio lavoro e nei miei scritti, ho scelto come postulato fondamentale l’osservazione realistica dei fatti. In questo modo si parla meglio di Dio che non citandolo esplicitamente. Su questi argomenti, tutto ciò che è giustificabile per fede può esser giustificato ancor prima umanamente. Nel nome di Gesù che ha preso su di se tutta la nostra umanità! Mi hai anche chiesto cosa suggerisco a un omosessuale cattolico per vivere felice. È molto facile! L’amore per la realtà, cioè la santità! Null’altro!

Grazie mille, Philippe! Ci vediamo allora domenica 22 marzo, alle 17 a Piazza Campitelli 9, presso la sala Baldini, a Roma.

Fonte: http://www.zenit.org/it/articles/non-credo-che-una-relazione-omosessuale-possa-essere-definita-come-amore

UTERO IN AFFITTO: SURROGAZIONE E’ DISCRIMINAZIONE

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Tempo fa uno dei due figli di una madre surrogata thailandese, è stato abbandonato dalla coppia australiana che li aveva “ordinati” perché affetto da sindrome di Down.

A causa di questo fatto la Thailandia ha vietato la maternità surrogata, a meno che a richiederla non siano coniugi e dei due almeno uno thailandese.
Ma difficilmente questo fermerà il mercato dell’utero in affitto, visto che a beneficiare del giro d’affari sono gli sfruttatori delle gestanti indiane (molto più a buon mercato di quelle americane), non di rado i mariti e le gang criminali, mentre per queste donne abbondano solo l’abuso e la miseria.
Oltre a ciò, è loro richiesto di vivere in ospedale per tutta la durata della gravidanza, dove vengono loro somministrati ormoni ed estrogeni affinché riescano a portare avanti la gestazione con successo, senza curarsi del fatto che questi medicinali presentano seri effetti collaterali.
E come se non bastasse ci sono delle nette separazioni razziali tra le donatrici degli ovuli e le gestanti: infatti le prime (scelte da catalogo) provengono da ambienti ricchi, hanno studiato al college, sono selezionate per la mancanza di malattie fisiche e mentali e guadagneranno una bella somma di denaro, le seconde sono già madri di diversi figli, sono poco abbienti e vivono in contesti da classe operaia.
In sintesi non si è molto distanti dall’eugenetica.
Chi è a favore dell’utero in affitto dice che rendere queste pratiche illegali le spingerebbe semplicemente a diventare clandestine. Ma è vero l’opposto: la legalizzazione e l’accettazione sociale, anche quando non ci fossero soldi che passano di mano, contribuirebbero a consolidare la nozione che è lecito servirsi del grembo di una donna.

Fonte: http://www.theguardian.com/commentisfree/2015/feb/20/commercial-surrogacy-wombs-rent-same-sex-pregnancy?CMP=share_btn_fb

CARA COMUNITA’ GAY: I TUOI BAMBINI STANNO SOFFRENDO

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Ho amato la compagna di mia madre, ma un’altra mamma non potrà mai rimpiazzare il padre che ho perduto

Comunità gay, io sono tua figlia. Mia madre mi ha cresciuta con la sua compagna negli anni ’80 e ‘90. Lei e mio padre sono stati sposati per poco tempo. Lei sapeva d’essere gay prima che si sposassero, ma le cose erano differenti a quei tempi. Questo è il modo in cui io sono arrivata qui. Fu complicate come potete immaginare. Lei lo lasciò quando avevo due o tre anni  perché voleva una possibilità d’essere felice con qualcuno che realmente amava: una donna.

Mio padre non era un ragazzo grandioso, e dopo che lei lo lasciò lui non si diede pena di farsi più vedere in giro.

Vi ricordate quell libro, “Heather ha due mamme”? quella è stata la mia vita. Mia madre, la sua compagna ed io vivevamo in un’accogliente piccola casa alla periferia di un’area molto liberale e di mentalità aperta. La sua compagna mi trattava come se fossi la sua stessa figlia. Insieme con la compagna di mia madre, avevo anche ereditato la sua affiatata comunità di amici gay e lesbiche. O forse loro avevano ereditato me?

In entrambi I casi, mi sento ancora come se il popolo gay fosse il mio popolo. Ho imparato molto da voi. Mi avete insegnato ad essere coraggiosa, soprattutto quando è dura. Mi avete insegnato l’empatia. Mi avete insegnato ad ascoltare. Ed a danzare. Mi avete insegnato a non aver paura di ciò che è diverso. E mi avete insegnato a difendere me stessa, anche se ciò significa stare in piedi da sola.

Vi sto scrivendo perché sto venendo allo scoperto: io non supporto il matrimonio gay. Ma probabilmente non per le ragioni che credete.

I bambini hanno bisogno di una madre e di un padre.

Non è perché siete omosessuali. Io vi amo, tantissimo. E’ per la natura stessa delle relazioni tra persone dello stesso sesso. E’ solo ora, mentre guardo I miei bambini amare ed essere amati dal loro padre ogni giorno, che posso vedere la bellezza e la sapienza nel matrimonio e nella genitorialità tradizionali.

Crescendo, ed anche nei miei 20 anni, Ho sostenuto e caldeggiato il matrimonio gay. E’ solo col tempo e la distanza dalla mia infanzia  che sono in grado di riflettere sulle mie esperienze e riconoscere le conseguenze a lungo termine che la genitorialità tra persone dello stesso sesso ha avuto su di me.

La genitorialità tra persone dello stesso sesso nega una madre o un padre ad un bambino dicendo a lui o lei che non ha importanza. Che è lo stesso. Ma non lo è. Tanti di noi, tanti dei vostri bambini, stanno soffrendo. L’assenza di mio padre ha creato un enorme buco in me, ed io ho sofferto ogni giorno per un padre. Ho amato la compagna di mia madre, ma un’altra mamma non avrebbe mai potuto rimpiazzare il padre che ho perduto.

Sono cresciuta circondata da donne che dicevano che non avevano bisogno o volevano un uomo. Tuttavia, da  bambina, io volevo disperatamente un papà. E’ una cosa strana che crea confusione aggirarsi con questo profondo ed inestinguibile doloroso bisogno di un padre, di un uomo, in una comunità che dice che gli uomini non sono necessari. Ci sono stati tempi in cui ero così arrabbiata con mio padre per non essere lì per me, e poi tempi in cui sono stata arrabbiata con me stessa anche solo per il fatto di volere un padre tanto per cominciare. Ci sono parti di me che ancora oggi si dolgono per quella perdita.

Non sto dicendo che non potete essere buoni genitori. Potete. Ho avuto uno dei migliori. Non sto neppure dicendo che  essere cresciuti da genitori etero vuol dire che tutto riuscirà bene. Noi sappiamo che ci sono tantissimi motivi diversi per cui l’unità familiare può spezzarsi e causare sofferenza ai bambini: divorzio, abbandono, infedeltà, abuso, morte, etc. Ma in linea di massima, la migliore e più efficace struttura familiare è quella in cui I bambini sono stati cresciuti da entrambi I propri padre e madre.

Perché I bambini degli omosessuali non possono essere onesti?

Il matrimonio gay non solo ridefinisce il matrimonio, ma anche la genitorialità.

Esso promuove e da normalità ad una struttura familiare che necessariamente ci nega qualcosa di prezioso e fondamentale. Ci nega qualcosa di cui abbiamo bisogno e che bramiamo, dicendoci allo stesso tempo che non abbiamo bisogno di ciò che naturamente desideriamo ardentemente. Che saremo a posto. Ma non lo saremo. Stiamo soffrendo.

Se c’è qualcuno che può parlare di difficoltà, quelli siamo noi.

I bambini di genitori divorziati sono autorizzati a dire, “Ehi, mamma e papa, vi amo, ma il divorzio mi ha schiacciato ed è stato molto duro. Ha distrutto la mia fiducia e mi ha fatto sentire come se fosse colpa mia. E’ molto difficile vivere in due case diverse.” I bambini adottati sono autorizzati a dire, “Ehi, genitori adottivi, vi amo. Ma questa situazione è davvero difficile per me. Soffro perché la mia relazione con i miei primi genitori è stata spezzata. Sono confuso e mi mancano anche se non li ho mai incontrati.”

Ma ai figli di genitori dello stesso sesso non è stata data la stessa voce. Non sono soltanto io. Ce ne sono talmente tanti di noi. Tanti di noi sono troppo spaventati per parlare apertamente e raccontarvi della nostra sofferenza e del dolore, perché per un non precisato motivo abbiamo la sensazione che non stiate ascoltando. Che voi non volgiate sentire. Se diciamo che stiamo soffrendo perché cresciuti da genitori dello stesso sesso, siamo comunque ignorati o etichettati come intolleranti.

Questo non ha nulla a che fare con l’odio. Lo so che voi capite il dolore di un’etichetta che non si adatta ed il dolore di un’etichetta che è usata per calunniarvi o mettervi a tacere. E so che siete stati realmente odiati e siete stati realmente feriti. Ero lì, alle marce, quando mostravano cartelli che, “Dio odia I froci” e “l’AIDS cura l’omosessualità.” Io piangevo e mi infiammavo di collera proprio lì in strada insieme a voi. Ma non sono io. Non siamo noi.

Lo so che questa è una conversazione difficile. Ma abbiamo bisogno di parlarne. Se c’è qualcuno che può parlare di cose difficili, siamo noi. Voi me lo avete insegnato.

Heather Barwick è stata cresciuta da sua madre e dalla di lei compagna. E’ un’ex-sostenitrice dei matrimoni gay trasformatasi in un’attivista dei diritti dei bambini. E’ moglie e madre di quattro chiassosi bambini.

Fonte: http://thefederalist.com/2015/03/17/dear-gay-community-your-kids-are-hurting/#.VQq8D45mtDY.facebook